Amianto a Bagnoli i giudici convocano iervolino e Bassolino

Al maxiprocesso di Torino il caso dei 573 operatori ex Eeternit colpiti da gravi malattie
15 giugno 2010 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il mattino

Sono attesi il prossimo 21 giugno dinanzi ai giudici di Torino, come potenziali testimoni di quanto avvenne a Bagnoli, negli ex stabilimenti Eternit: il sindaco Rosa Russo Iervolino, l’ex governatore della Campania Antonio Bassolino, chiamati a fare luce su un pezzo di storia industriale del Mezzogiorno. Bagnoli, Napoli ovest: storia di 573 casi di operai colpiti da malattie provocate dal contatto con l’amianto - secondo gli atti del processo torinese - con 430 decessi accertati. Da Torino a Napoli, processo alla Eternit. Aula gremita di parti civili, volti contratti quando parlano due ex operai di Bagnoli, in un dibattimento in cui la Procura di Torino vuole ascoltare le istituzioni cittadine. Citato come testimone anche l’attuale presidente della Regione Stefano Caldoro, che ha ottenuto il rinvio della propria audizione. Lunedì prossimo, la parola passa a Bassolino e Iervolino, che prenderanno la parola a partire dalle rispettive esperienze politiche e amministrative. Ieri, dunque il caso Napoli. Nella filiale partenopea della multinazionale dell’amianto, attiva a partire dalla fine degli anni Trenta, si sono verificati, secondo i dati raccolti dalla polizia giudiziaria, centinaia di casi di morte sospetta. Ieri mattina la parola a due ex operai dell’Eternit. Bagnoli, 157 mila metri cubi, la più grande filiale italiana della Eternit. Processo ai vertici di una multinazionale. C’erano persino delle casette a due piani in cui abitavano quadri aziendali, dirigenti, meccanici ed elettricisti con le loro famiglie. Da tempo, i due ex operai ascoltati soffrono di asbestosi. Parla Bruno Carnevalis, 68 anni, si dimise nel 1980, tre anni dopo la diagnosi: «Il medico di fabbrica diceva che avevo la bronchite, che era una sciocchezza, ma nel ’77 fui ricoverato in ospedale e mi riconobbero l’asbestosi. Continuai lo stesso a lavorare, ne avevo bisogno, sempre come addetto alla sfilacciatrice e sempre ad alzare sacchi pieni di amianto blu. Nell’80 me ne andai perché non ce la facevo più». Erano anni in cui le informazioni sul problema non circolavano. Dalle parole dei testimoni si ricava che l’azienda non forniva molte notizie ai dipendenti. «Ma noi operai - ha raccontato Luigi Falco - sapevamo che c’erano le malattie. Mio padre, anche lui lavoratore Eternit, morì di asbestosi nel 1965: il capo del personale disse a me e a mia madre che gli dispiaceva ma che se non facevamo della confusione mi avrebbero assunto. Entrai nel 1969». Gravi affezioni scambiate per bronchiti, medici sempre pronti a minimizzare, mascherine di protezione che dopo due ore non servivano più a nulla e soprattutto della grande quantità di polvere sprigionata nel corso delle lavorazioni. «Quando tornavo a casa - ha ricordato Carnevalis - mia moglie diceva ecco che arriva ”’o zuzzuso”. Abitavo a 800 metri, al settimo piano, e la polvere dello stabilimento, anche se poca, a volte veniva fin lassù. Una signora è morta di mesotelioma senza avere mai lavorato all’Eternit. E tanti che avevano casa nella zona della Fontana dei Cavalleggeri hanno fatto la stessa fine».

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