Lepore: «Violato il segreto per scongiurare il disastro ambientale»
«Nonostante il segreto istruttorio abbiamo sentito il dovere di avvertire le autorità amministrative affinché intervenissero per scongiurare il disastro ambientale»: il procuratore della Repubblica Giovandomenico Lepore spiega la decisione della procura di inviare alla Regione, al commissariato e al ministero all’Ambiente la relazione del geologo Giovanni Balestri sull’area che ha ospitato la discarica Resit. Il manager dei rifiuti pentito, Gaetano Vassallo, ha raccontato che la camorra vi ha sversato veleni di ogni tipo e la relazione dell’esperto ha confermato che le falde acquifere sono inquinate da sostanze cancerogene. È quindi necessario intervenire subito per chiudere i pozzi nell’area dall’ex Resit: ne è convinto anche l’assessore regionale all’ambiente Giovanni Romano che domani sarà a Roma per incontrare il direttore generale del ministero. La prima richiesta: sbloccare subito i cinquanta milioni già stanziati dai fondi Fas e necessari per avviare la bonifica. Il secondo passo dovrebbe essere la rimozione dei rifiuti tossici che, nelle intenzioni dell’assessore, dovrebbero essere avviati fuori regione in una discarica destinata agli speciali. Ma il materiale è attualmente oggetto d’indagine: perciò l’assessore chiederà al più presto un incontro ai magistrati della Dda. «La nostra priorità assoluta – dice Romano – è quella di evitare la catastrofe ambientale e di avviare quindi la bonifica in tempi rapidissimi». Sulla vicenda interviene anche il direttore regionale della Coldiretti, Vito Amendolara, che sostiene: «La chiusura dei pozzi irrigui nel territorio giuglianese per inquinamento è motivo di vivo rammarico per la Coldiretti campana. L’assenza di un piano di bonifica integrale da sempre invocato ha portato a una decisione che per quanto necessaria poteva essere evitata se gli interventi fossero stati tempestivi e se le risorse stanziate per la bonifica fossero state già utilizzate con intelligenza e prontezza». Amendolara invoca il pugno duro «che la magistratura deve usare contro chi la provocato questo disastro ambientale» e chiede interventi immediati di sostegno a «quelle imprese che non possono chiudere e non possono mandare in mezzo alla strada i lavoratori e le famiglie». Ma il sindaco di Giugliano, Giovanni Pianese, che nei giorni scorsi ha inviato un dettagliato rapporto alla Provincia e alla Dda e ha firmato ordinanze per fermare l’utilizzo dell’acqua dei pozzi, è pessimista: «La falda acquifera è stata irrimediabilmente inquinata – spiega - il fenomeno risale 25 anni fa e interessa un territorio ampio 210 ettari dove si trovano dai 200 ai 300 pozzi, tutti utilizzati per irrigazione e beveraggio degli animali». Nel 2008, Pianese aveva chiesto l’intervento di Guido Bertolaso «in considerazione del decreto che classifica l’area in questione come sito di interesse nazionale» ma, nonostante i suoi sforzi, «finora di atti concreti non se ne vede l’ombra». Il sindaco sostiene di aver saputo solo dal giornale dello stanziamento di 50 milioni che sarebbe, a suo parere, comunque insufficiente. In realtà già nel luglio del 2008 Berlusconi aveva annunciato di aver reso disponibile mezzo miliardo di euro per liberare la Campania dai veleni: per costruire reti fognarie ed elettriche, per riqualificare aree verdi ed archeologiche, oltre che per rimuovere i milioni di ecoballe che ancora infestano la regione e che sono, però, in gran parte di proprietà della Fibe. I primi accordi operativi sono stati firmati a luglio del 2009 e non è partita ancora una bonifica. Una vicenda compressa e controversa: i 526 milioni promessi dal governo dovevano essere spesi per metà dal ministero dell’Ambiente e per metà dalla Regione. Poi i fondi messi a disposizione del ministero si erano ridotti a 141 milioni e anche la Regione aveva dimezzato il suo intervento. Così nel piatto restano 282 milioni che nelle intenzioni degli amministratori dovrebbero servire a fare di tutto un po’.