Duecento pozzi avvelenati, scattano i sigilli
Pozzi vietati nelle campagne giuglianesi. E il sindaco Giovanni Pianese, con un’ordinanza, ha anche stabilito il divieto di vendere il raccolto dell’area a maggior rischio. Ma, spiega con una lettera inviata alla Provincia e alla Procura, se non si bonificherà subito la zona si potrebbe arrivare al blocco totale dell’utilizzo dell’acqua dei pozzi e al divieto della commercializzazione di frutta e verdura di un’area molto più estesa che si estenderebbe fino ai confini di Castelvolturno. È il risultato delle confessioni di Gaetano Vassallo, il manager dei rifiuti che ha raccontato come la camorra ha avvelenato la Campania. Le analisi svolte nella zona dell'ex discarica Resit, di proprietà del pluriindagato avvocato Cipriano Chianese, dimostrano che la falda acquifera è inquinata da sostanze cancerogene. Ma non è finita: Vassallo parla della Resit, ma anche di Masseria del Pozzo, dove sono presenti quattro siti, di San Giuseppiello, dei campi di Ischitella e dell'asse mediano: un'area vastissima che secondo il pentito sarebbe stata infestata dai rifiuti tossici. Gli accertamenti della procura, alla quale collaborano i carabinieri del Noe, vanno avanti per cercare di capire che cosa sia realmente successo. Anche se i primi risultati, quelli sull'area di località la Schiava, dimostrano che il pentito ha purtroppo detto la verità. Bonificare, o almeno mettere in sicurezza il cosiddetto triangolo della morte, quello che va dal Nord di Napoli al Sud di Caserta, non sarà facile: le discariche non erano impermeabilizzate e il percolato con il suo carico di morte si è infiltrato nel terreno tanto che il professor Balestri , il geologo incaricato dalla procura di relazionare sulla situazione, sostiene che entro il 2064 il disastro diventerà inevitabile. La situazione è stata poi aggravata dalla riapertura della discarica nel periodo commissariale e con la decisione finale di scaricarvi i rifiuti tritovagliati, la fos, le ecoballe e perfino la spazzatura accumulata in quel periodo nei siti di stocaggio dei rifiuti. La necessità di intervenire al più presto è quindi pressante. Il sindaco Pianese ha ricevuto il 19 maggio una missiva dall'area ambiente della Provincia di Napoli nella quale gli viene chiesto di sapere quali adempimenti sono già stati adottati e si allega un elenco di più di duecento pozzi. Il sindaco, che ha già adottato una prima ordinanza per vietarne l’uso, dovrebbe ora organizzare uno screening per accertare la situazione sul campo e passare a mettere i sigilli. Contestualmente bisognerebbe intervenire per bruciare i raccolti altrimenti questi potrebbero essere messi in vendita nonostante i divieti. Un’opera ciclopica che non potrà essere svolta dal Comune che non ne ha nemmeno le forze economiche. E sottolinea Pianese, i 50 milioni stanziati mercoledì dalla Regione e dal ministero dell'Ambiente (un'anticipazione sui fondi Fas destinati alle compensazioni ambientali) sono solo una goccia nel mare. Perciò il 25 maggio il primo cittadino ha risposto alla Provincia sottolineando tra l'altro: «Negli ultimi anni sul territorio di Giugliano, secondo un recente studio del Ciriam, centro interdipartimentale di ricerca in ingegneria ambientale della seconda università degli studi di Napoli sono stati smaltiti, in maniera legale o illegalmente, 13 milioni di tonnellate di rifiuti, a fronte di circa un milione di tonnellate prodotte all'interno del territorio. Tale situazione, a meno di un immediato intervento, sta determinando ulteriori stati di pericolo, se non una vera catastrofe ecologico-ambientale, con completo inquinamento delle falde acquifere». Sarebbe dunque necessaria una mobilitazione generale mentre al momento sono rimasti lettera morta tutti gli accordi di programma già sottoscritti.