«Il suo gesto un’offesa alla morale» Gengaro chiama la magistratura
È adirato il presidente del consiglio comunale di Avellino, Antonio Gengaro. L’ex amministratore delegato dell’Asa, Emiliano Pescatore, ha accusato la politica di aver fatto uso di logiche clientelari. Gengaro, lei è stato chiamato in ballo da Pescatore, cosa risponde? «Se Pescatore ritiene che ci siano state delle assunzioni clientelari in passato, ha il dovere di denunciarle alle autorità competenti. Da parte mia, mi riservo di tutelare la mia onorabilità nelle sedi opportune». Lei ha chiesto, da subito, l’intervento della Procura. «Mi meraviglio che non sia già intervenuta. Evidentemente, stanno valutando il da farsi anche alla luce della presa di posizione del sindaco Giuseppe Galasso, dell’intero consiglio comunale e dello stesso consglio di amministrazione dell’Asa». Molti sono convinti che l’Asa sia una società nata male. Che cosa ne pensa? «Fin dalla nascita, nel 1998, c’è stata una grossa difficoltà di rapporti tra pubblico e privato. All’inizio i soci erano quattro. C’era Cecchini, con il 21% delle quote, Pescatore col 22% e altri due imprenditori minori che arrivavano al 6%. Soci che erano rappresentati dal fior fiore dei professionisti locali: Montella per Cecchini e De Filippo per Pescatore. Persone competenti e perbene, che hanno lavorato facendo solo gli interessi del pubblico. Poi, siamo nel 2004, il fallimento e Pescatore ebbe quasi il monopolio. Da quel momento il numero dei dipendenti è lievitato, creando una pianta organica ingigantita, arrivando ad annoverare figure di coordinamento impegnate a lavorare più a tavolino che nel servizio vero e proprio. Dal 2004 la città è iniziata a diventare più sporca, cosa che non accadeva con Cecchini. E, mano a mano, l’Asa è stata sempre più politicizzata e non sempre, per malapolitica, ha fatto l’interesse della comunità». Ci sono stati altri errori che hanno portato alla vicenda di oggi? «Il privato non ha mai investito fino in fondo in questa società. Anzi. La logica avrebbe voluto che i soci privati chiudessero l’azienda di provenienza, cosa che non è accaduta. Più spesso, invece, l’azienda di provenienza è servita a collocare i propri beni». A che cosa si riferisce? «Penso ai noleggi, spesso molto onerosi, dei mezzi di proprietà delle stesse aziende private, come alla locazione delle sedi. Senza dire delle varie emergenze che si sono susseguite. C’è poi la questione più scandalosa sullo stoccaggio dei rifiuti da parte dell’Asa alla Irm di Manocalzati, con il disastro ambientale che si è verificato in seguito all’incendio. C’è stata una condanna in primo grado per incendio colposo ma, purtroppo, ancora non sappiamo che tipo di rifiuti erano stoccati in quell’area. Infine queste assunzioni, di Emiliano Pescatore in particolare, che rappresentano una vera e propria offesa per la pubblica opinione, in un momento di grave crisi. Un’impudicizia che non conosce limiti, soprattutto quando Pescatore afferma che è stata un’assunzione fatta per ripicca». La presa di posizione della politica è stata, però, netta. «Certo. Ha preso le distanze il sindaco Galasso, così come il Pd con Lucio Fierro. Anche il Pdl, con Giovanni D’Ercole, e l’Udc hanno chiesto la convocazione di un consiglio comunale per affrontare la questione. Ma manca un’iniziativa chiara da parte della magistratura che ha la possibilità di farci capire che cosa sia accaduto dal 1998 ad oggi. È un atto dovuto e solo l’autorità giudiziaria può fare chiarezza e valutare eventuali responsabilità. Vorrei, però, sottolineare anche un altro aspetto. La follia di un’impresa in liquidazione, dove il privato assume se stesso sapendo che pagherà la parte pubblica, dove, per legge, si può assumere per concorso, e penalizzando quanti non hanno le giuste entrature». Lei, quindi, avrebbe preferito una gestione pubblica fin dall’inizio? «Io non sono per il pubblico a tutti i costi, tranne per la gestione dell’acqua che, essendo un bene pubblico, deve restare in mano pubblica. Ma per altri settori si poteva aprire uno spazio ai privati. Certo, però, con quanto è accaduto all’Asa, da parte del privato, si rischia di mettere in cattiva luce l’imprenditoria sana presente in provincia. Sono anni che conduco una battaglia sulla questione dell’Asa. Ho fatto varie denunce, agli atti del consiglio comunale ce ne sono a decine. Anche quando ho ricevuto dei fastidi personali (minacce, ndr) segnalai ai carabinieri che tra le ipotesi di questi fastidi ci poteva essere qualcosa legato al mondo dei rifiuti». Si può parlare anche di cattiva gestione della politica? «Certo. Si è lasciato troppo spazio al privato, senza puntare su figure che avessero competenze specifiche in materia. Le società miste per la gestione dei rifiuti nacquero in un momento difficile, nel quale si chiudevano le discariche che erano in mano alla camorra e la presenza della parte pubblica avrebbe dovuto garantire un controllo programmatico. L’Asa, però, nacque con uno statuto sbilanciato che ha favorito la parte privata. Le varie amministrazioni che si sono succedute hanno cercato di riequilibrare il rapporto, ma la questione resta legata alle persone». A questo punto, lei cosa auspica? «Innanzitutto che le cose cambino ma soprattutto che intervenga la Procura. Sa, i rifiuti puzzano e non vorrei che questo cattivo odore riguardasse anche altre pratiche».