Napoli, addio al termovalorizzatore: appalto mai partito
Per decretare la morte dell'inceneritore di Napoli sono bastate appena un paio di righe in burocratese: «Nelle more della realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione di cui all'articolo 8 del decreto legge n. 90...» Ve lo ricordate quel decreto? Il governo di Silvio Berlusconi lo approvò nel primo vero consiglio dei ministri che si tenne simbolicamente (a trionfalmente) il 21 maggio 2008 nella prefettura di una Napoli assediata dalla spazzatura. E nella lunga conferenza stampa che seguì il premier offrì ai giornalisti la seguente primizia: «In Campania i termovalorizzatori saranno quattro, di cui uno a Napoli dell'ultima generazione » . Addirittura quattro, non tre come a gennaio prometteva Romano Prodi. Quello in più, proprio nel capoluogo della Regione.
Ancora il 4 settembre del 2008, circa tre mesi dopo che era scattata l'offensiva di Guido Bertolaso contro i rifiuti, il premier assicurava: «A giorni ci sarà l'appalto per il termovalorizzatore di Napoli». Ma quella gara non si è mai fatta. Anche perché pochi giorni dopo un documento della Regione Campania spiegava che per l'inceneritore «a servizio della città di Napoli mancano indicazioni sulla taglia dell'impianto». Finché tutto è scivolato nel dimenticatoio. E l'ultimo decreto sulla protezione civile, per capirci quello approvato il 25 febbraio che doveva far nascere la contestatissima società per azioni, ne ha preso atto.
Senza tuttavia spiegare la ragione per cui l'inceneritore che Berlusconi aveva promesso è finito «nelle more». C'è chi dice che non ci sono i soldi. Chi invece sostiene che la motivazione sia banalmente affaristica: l'area che era stata inizialmente individuata, cioè Napoli est, sarebbe quella invece scelta per metterci le abitazioni del piano casa. Ma c'è pure qualcuno che dà una terza chiave di lettura: l'unico inceneritore esistente, quello di Acerra, basta e avanza. C'è soltanto il piccolo problema delle vecchie ecoballe.
Che cosa sono? Pacchi di spazzatura imballati, vecchi in alcuni casi anche di otto o nove anni. Che di «eco» non hanno proprio nulla. E infatti non possono esser bruciati nell'inceneritore di Acerra, come ha raccontato giovedì Fabrizio Geremicca sul Corriere del Mezzogiorno. Il fatto è, ha dichiarato l'assessore regionale all'Ambiente, che quei pacchi di rifiuti sono ormai «mummificati e hanno un potere calorico superiore al carico termico ammissibile ad Acerra. Secondo Walter Ganapini «fonderebbero la griglia e farebbero cadere i refrattori». Né si potrebbero miscelare «con rifiuto fresco o umidificante», in quanto «proibito da 20 anni dalla Ue». Una faccenda esplosiva, se si considera che il numero di quelle «ecoballe» stivate fra Villa Literno e Giugliano è di sei milioni.
Siccome però i problemi non arrivano mai da soli, il decreto con il quale è stato decisa la cessazione dell'emergenza in Campania stabilisce che la responsabilità passi ora alle Province. La competenza sui rifiuti del napoletano passa quindi al presidente della giunta provinciale partenopea, Luigi Cesaro, che è contemporaneamente anche deputato pidiellino. Ma lo smaltimento dei rifiuti della Provincia sarà materialmente curato dall'Asia, ovvero l'azienda municipalizzata di Napoli presieduta dall'ex capo del personale comunale, Pasquale Losa. L'accoppiata Provincia di centrodestra-Comune di centrosinistra funzionerà? Non resta che incrociare le dita.
Ma se il termovalorizzatore di Napoli è morto, nemmeno quello che si dovrebbe realizzare a Salerno si sente troppo bene. Il sindaco della città Vincenzo De Luca, che l'avrebbe ospitato a braccia aperte sul territorio del Comune, si è candidato per la presidenza della Regione e ha assolutamente bisogno dei voti della sinistra radicale, contraria all'impianto. Ma anche se non ci fosse questo problema, le cose non andrebbero meglio. Nello scorso gennaio, al termine di una riunione con il commissariato, De Luca è sbottato: «Si sta preparando un autentico disastro. Alla domanda sul numero di impianti da farsi, il commissariato dice cinque, mentre la Regione afferma che due sono pure troppi. Nessuno dà garanzie sui conferimenti e nessuno comprende che il potere urbanistico è di competenza del Comune: l'impianto di Salerno sta a zero».