"Consulenza d'oro, così gonfiavano le parcelle"
Per Vanoli e Soprano "incarichi seriali e ingiustificati"
Prestazioni «sopravvalutate», incarichi professionali «seriali»: «Ingiustificati» e abnormi, che hanno «sbloccato somme di denaro superiori a quelle dovute». È il ragionamento del giudice Vincenzo Alabiso, che lo scorso 30 marzo ha condannato a due anni di reclusione l’ex vicecommissario all’emergenza rifiuti Raffaele Vanoli e a un anno e sei mesi l’amministrativista Enrico Soprano (per entrambi pena sospesa), nello stesso procedimento culminato con il rinvio a giudizio dell’ex governatore Antonio Bassolino (prima udienza 20 luglio), del ragioniere Michele Carta Mantiglia, dell’ex subcommissario Giulio Facchi. Falso e peculato le accuse mosse dal pm Giancarlo Novelli, in forza al pool mani pulite dell’aggiunto Francesco Greco, da ieri sono state rese pubbliche le motivazioni che hanno spinto il giudice a condannare gli imputati che hanno scelto il giudizio abbreviato. Motivazioni severe, che mettono a fuoco il rapporto tra l’ex governatore, l’ex subcommissario Vanoli e il consulente esterno, l’avvocato Soprano. Quarantatré pagine per ricostruire il presunto «disegno criminoso ideato e eseguito da Vanoli e Soprano, per la sistematica appropriazione di risorse pubbliche da parte del primo a vantaggio del secondo». Processo ancora aperto, va detto, qui la condanna non è definitiva. Si parte da cinque fatture liquidate all’avvocato Soprano, tutte recanti un onorario in lire di dieci milioni, «che vanno considerate - scrive il giudice - quali comuni pareri legali liquidabili al massimo con un importo in lire di 2.365.000, non suscettibili di alcuna maggiorazione, non essendo di particolare importanza, visto che attengono questioni meramente interpretative, risolvibili anche da un semplice laureato in giurisprudenza». È il capitolo consulenze d’oro, dunque, per pareri tecnici che il giudice non ritiene di primaria importanza. In tutto, Soprano ottenne parcelle per complessivi 154 milioni di lire, in base a provvedimenti assunti dal commissariato antirifiuti duramente sanzionati da parte del giudice. Motivazioni severe su cui è logico attendersi appello da parte di Vanoli e Soprano, che hanno respinto sin dalle prime battute dell’inchiesta l’accusa di peculato, in virtù di contratti firmati alla luce del sole, secondo correnti regole di mercato. Fatto sta che per il giudice Alabiso, «l’attività di liquidazione dei compensi a Soprano risulta sistematicamente inquinata dalla volontà di favorire il professionista, garantendo incarichi ingiustificati e somme di denaro superiori a quelle dovute». Ma c’è dell’altro: le prestazioni pagate al consulente, potevano essere risolte da competenze interne al commissariato. Detto con la prosa del gup, «erano prestazioni ampiamente fungibili con quelle garantite dall’ufficio legale della struttura commissariale o dall’avvocatura dello Stato, come la struttura commissariale, emanazione della Presidenza del Consiglio». E ancora: «Il conferimento da parte del Vanoli di un fittissimo numero di incarichi, formalizzati senza alcun accenno alla necessità di far ricorso ad un consulente esterno, piuttosto che all’avvocatura di Stato o ai pur esperti laureati in giurisprudenza in organico, conferma la presenza di un’intesa di fondo tra Vanoli e Soprano, non in linea con i principi di imparzialità, buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa». Parole dure, che amareggiano tutti i soggetti coinvolti, che ora attendono la replica in appello. Ma il gup incalza: «A riprova della collusione tra Soprano e Vanoli, va detto che la prima nomina di Soprano quale esperto di diritto amministrativo risale all’ottobre 1999, alcuni mesi dopo che Vanoli aveva assunto le funzioni di vicecommissario, quando il ruolo di commissario era ricoperto da Andrea Losco (estraneo all’inchiesta, ndr), ex presidente della giunta regionale». Poi, con l’avvicendamento di Bassolino nella carica di commissario «si registra un’ulteriore anomalia nella scansione del rapporto tra Soprano e la struttura commissariale. Tanto che con la scadenza del suo mandato - osserva il gup - Losco procede alla revoca dell’incarico a Soprano, come se fra i due intercorresse un rapporto fiduciario da interrompere una volta cessato l’incarico commissariale. Sempre alla stessa stregua, due giorni dopo Bassolino, appena insediatosi, rinnova con singolare celerità l’incarico a Soprano con un provvedimento di nomina che, ad eccezione del firmatario e della data, è l’esatta riproduzione (ambiguità e omissioni comprese) della prima nomina». Vicenda complessa, da ricondurre a un lungo periodo di emergenza, tra rifiuti, consulenze e gestione commissariale.