Dal flop degli appalti agli introiti extra di funzionari e dirigenti pubblici

Lo scandalo Hydrogest un miliardo della Regione e impianti sotto processo

6 maggio 2010 - Antonio Corbo
Fonte: Repubblica Napoli

LA VERITA' è rimasta fino al 2009 in fondo al mare. I dati sulla balneabilità hanno trovato versioni concilianti. «Gli sversamenti ci sono, inutile nasconderlo. Ma c'è anche un po' di psicosi». Il più felice tentativo per mitigare gli allarmi purtroppo fondati riuscì nello scorso luglio a un prudente ammiraglio Domenico Picone. Il 2010 è l'anno zero. Porta tutto a galla. Si sa che il Golfo è malato grave, ma anche quali aziende criminali e quali Comuni sciagurati lo distruggono. Si scopre poi che la Regione ha investito per nulla un milione di euro. L'inquinamento è peggiorato. Killer del mare di Napoli sono i depuratori: non filtrano veleni, solo fondi pubblici. Costano troppo, funzionano male.
La verità è nelle duemila pagine di due inchieste. Quella della Finanza con le Procure di Santa Maria Capua Vetere e Noia, blitz del 15 aprile. Quella dei carabinieri, una settimana dopo, coordinata dalla Procura regionale. Ma ci volevano i magistrati per capire come e dove sono svaniti tanti soldi, senza che sia stato mai fermato il disastro ambientale, da Castel Volturno alla Foce del Sarno? Un disastro, secondo le previsioni del procuratore generale Vincenzo Galgano, che «sarà riparato forse in tre generazioni». E su Cuma, sul depuratore della vergogna, come fu definito già un anno fa, il pm Donato Ceglie ha riferito un paradosso: «Meglio se le acque luride dei Regi Lagni sono sversate direttamente in mare, subiscono ulteriore contaminazione se passano tra le griglie infette del depuratore».
I Regi Lagni sono una rete artificiale di canali costruita dai Borboni. Per sventare alluvioni, convogliavano verso la foce del Volturno le acque piovane e sorgive. Portano in mare adesso carcasse di auto, bovini in putrefazione, altri animali morti o ammazzati per malattie, magari malati, tonnellate di rifiuti pericolosi. Il pm Ceglie ha indagato con il procuratore Corrado Lembo e con l'aggiunto Paolo Albano per due anni. In parallelo, il capo della Procura di Nola, Paolo Mancuso. Ai due uffici non sarà sottratta da Napoli l'inchiesta, è sfumato ieri il conflitto di competenza tra la Procura di Napoli e le altre due, basta leggere le ordinanze del Riesame che intanto revoca alcune misure ma conferma le accuse al sistema Hydrogest. Vi furono 26 tra arresti e interdizioni, quasi 50 indagati, sigilli a 29 aziende bufaline, otto depuratori sotto sequestro. L'avvocato Arturo Frojo, dimostrando unvizio di procedura, ha ottenuto ancora ieri la revoca dell'interdizione per Domenico Giustino, presidente di "Hydrogest", che deriva dall'accordo tra "Termomeccanica" (La Spezia) e la napoletana "Giustino costruzioni",90-10 percento. La prima, da sola, gestisce tre impianti, con Napoli Est e Foce Sarno. Suo presidente Enzo Papi, stretto collaboratore di Cesare Romiti alla Fiat, passato poi a Cogefar, guai giudiziari ai tempi di Tangentopoli, otto condanne patteggiate. Alla "Hydrogest" (ad Gaetano De Bari, presidente Domenico Giustino) gli altri 5 depuratori della Regione, definiti "Napoli Nord". A Cuma e Acerra in provincia di Napoli, a Orta di Atella, Marcianise e Castel Volturno (Regi Lagni) nell'area casertana. "Hydrogest" se li aggiudica nel 2003 battendo a sorpresa concorrenti come Enel, Hydro, Veolia, Acea. Ma deve resistere ai ricorsi fino al 2005. Storia che ricorda quella di Acerra. La commessa è di un miliardo per 15 arini. Gestire e ristrutturare, rilevaNdo però 452 lavoratori e assumendone altri. La formula del "project financing" si rivela inefficace. "Hydrogest", sovraccarica di stipendi, ha interesse a spendere meno possibile per adeguare gli impianti con opere strutturali e macchinari secondo i parametri europei e a incassare il massimo possibile. Tra 2006 e 2008 ghiotta è la formula "lista e fattura". Un costo di 100 euro, ad esempio, lievita del 15% per "spesa generale di impresa". Ai 115 euro si aggiunge ancora il 10% di "utile lordo di impresa". Totale 126,50. Bel colpo. La Regione però blocca questo tipo di introiti così favorevole. E si apre un contenzioso. "Hydrogest", dopo il blitz della Finanza, con annuncio a pagamento sostiene di aver speso 30 milioni di soli impianti e vanta un credito di 70. Una ricostruzione contabile, firmata da Bruno Orrico, "responsabile unico della concessione", calcola invece 130 milioni versati dalla Regione contro un credito di 133 nel 2009. Un appalto che, senza produrre effetti, assorbe oltre 100 milioni di danaro pubblico l'anno. Il conteggio certifica il risveglio della Regione: scossa dalle prime indagini, addebita penali per «mancato smaltimento dei fanghi con accumulo ulteriore di 2.350 tonnellate», per «ulteriore peggioramenti degli impianti». Ma come nell'emergenza rifiuti, spuntano i dipendenti pubblici. Ai 18 della Regione, oltre agli stipendi, sono stati attribuiti tra luglio 2005 e maggio 2006 gli straordinari: 374 mila euro ai dirigenti, 107 mila ai funzionari. Questo parziale consente un calcolo: i 18 fortunati della "Commissione esperti" si sono divisi tra il 1999 e il 2006 circa 4 milioni. Ma la loro esperienza non ha fermato lo scandalo. Fiumi di danaro pubblico e mare di veleni.

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