Fumarole, ora i veleni fanno più paura
MADDALONI. Non smette mai di segnalare la sua presenza. Masseria Monti è un «cimitero dei veleni» in piena attività. E appena c'è stato un nuovo sussulto, cioè il preannunciato cambiamento nella fermentazione dei «fusti sepolti contenti rifiuti speciali», è scattato l'allarme rosso. Non è proprio cessata l'attività delle fumarole: fenditure nelle coperture vegetali che immettono gas caustici, irritanti per le mucose nasali e per gli occhi (secondo l'Arpac benzene associato a toluene, etil-benzene e xileni). Si è solo diradata nel tempo. E ora la preoccupazione è tutta per gli effetti collegati al cambiamento della modalità di fuga degli inquinanti. L'attenzione si sposta sulla contaminazione, non monitorata, delle falde freatiche e dei terreni circostanti. Il monitoraggio Secondo il Dipartimento di Prevenzione del distretto 13 dell'Asl Caserta e pure secondo l'Arpac (rapporto novembre 2009), sarebbe necessario «avviare una immediata campagna di monitoraggio sul grado di inquinamento dei terreni circostanti». Insomma, censire gli effetti in corso sulle acque e sui terreni agricoli. Ben prima, che l'allagamento del perimetro di cava e le oscillazioni invernali della falda freatica causassero lo spostamento dei liquami contaminati sepolti. «Ora - testimonia Antonio Cuomo, presidente del comitato per la vivibilità - è diventato più complicato circoscrivere il rischio ambientale. Cessato l'impatto visivo dei fumi in atmosfera, non abbiamo la misura di quanti veleni, liberati dai fusti in disarmo, siano stati trascinati via dalla circolazione delle acque sotterranee». Il piano Da qui l'invito a «predisporre subito il piano di controllo dei terreni agricoli e dei pozzi irrigui». Un invito sottoscritto da tutti i gestori degli opifici, ipermercati, cash&carry, autosaloni, aree di servizio, megastore, e negozi, distribuiti tra Caserta Sud e Maddaloni, in rappresentanza di circa mille lavoratori che vivono sull'ex-statale 265. Una verifica del gradi di contaminazione sulle aree adiacenti al sito ubicato nel triangolo ex-statale 265, variante Anas Maddaloni-Capua, San Marco Evangelista. L'appello collettivo non cade nel vuoto. Gigi Bove (neo-consigliere comunale del Pdl) rivela che «da tempo è in atto una strategia dell'attenzione sul sito. Ho personalmente accompagnato le telecamere della Rai sull'area per documentare lo stato di degrado». E ora si ricomincia daccapo. Il caso sarà posto all'attenzione del neosindaco Antonio Cerreto. «Possiamo fare - conclude Bove - come ente locale solo due cose: garantire a chi vive e opera in quel luogo la sicurezza ambientale. E come ente locale fare finalmente chiarezza sulle competenze su di un'area privata, sottoposta ben tre volte a sequestro». Quindi il Comune si appresta a contattare la Procura della Repubblica e i soggetti privati responsabili del sito. L'obiettivo e breve termine è «censire i rischi reali, presunti e potenziali». Partendo, semplicemente dalla recinzione e dall'interdizione degli accessi. Le prospettive A lunga scadenza invece la meta è realizzare una bonifica o comunque una messa in sicurezza definitiva dell'area. Fin qui, la mobilitazione del Comune. Spettatori interessati della vicenda sono i coltivatori. Un dato su tutti: controllare l'attività irrigua significa che il rischio potenziale va esteso, entro un raggio di un chilometro, anche ai raccolti agricoli. «Ormai - commenta sarcastico Lino Martone, segretario provinciale di Altra Agricoltura - la zootecnia e l'agricoltura casertana servono solo da indicatori dello stato di inquinamento ambientale». Poi aggiunge: «Si parla tanto di sicurezza. Tutti parlano di sicurezza. I campi sono il nostro ambiente e in nostro strumento di lavoro. Possiamo denunciare che esiste, nel casertano, una gravissima mancanza di sicurezza sul lavoro in agricoltura».