Mazzette per i Regi Lagni, il pm: «Archiviare le accuse a Rivellini»
In gioco c’era la bonifica di alcuni canali dei Regi Lagni, lavori di pulizia ordinaria per i quali la Regione spendeva poche decine di migliaia di euro per ciascun intervento. Ma con l’emergenza l’affare vero era diventato assai più interessante. Pure una piccola frazione dei finanziamenti - per esempio il lotto per il trasferimento dell’immondizia nella discarica dello Uttaro, a Caserta - raggiungeva e superava cifre a sei zeri. E per metterci le mani c’è stato chi ha pagato una mazzetta da quattrocentomila euro in un colpo solo. Denaro contante, trasportato da Casagiove al centro direzionale di Napoli all’interno dei neri e lucidi sacchetti per la spazzatura. L’involontaria comicità del sistema di consegna nulla toglie alla gravità dell’accusa fatta da Pietro Amodio, imprenditore, titolare di una rivendita di auto di lusso a Caserta Nord, collaboratore di giustizia. Accusa di corruzione restata, però indimostrata, e che coinvolge se stesso; un boss della camorra condannato all’ergastolo, Antimo Perreca; un funzionario del consorzio Ce3 e attuale direttore del Consorzio unico, Antonio Scialdone; l’europarlamentare di Alleanza Nazionale, Crescenzio Rivellini, all’epoca dei fatti - il 2003 - consigliere regionale. L’inchiesta è uno stralcio dell’indagine della Dda di Napoli nel quale è coinvolto il deputato dell’Italia dei Valori Americo Porfidia, sindaco di Recale, per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di estorsione aggravata e favoreggiamento della camorra. I pm antimafia Catello Maresca, Raffaello Falcone, Marco Del Gaudio e Alessandro Cimmino hanno rinviato a dopo le festività di Natale l’interrogatorio di Porfidia. Contestualmente, hanno depositato la richiesta di archiviazione del procedimento-stralcio a carico di Crescenzio Rivellini e dei coindagati. Non c’è prova, hanno scritto i magistrati antimafia, del pagamento dei quattrocentomila euro all’allora consigliere regionale. Soldi che il collaboratore Amodio sostiene di aver consegnato ad Antonio Scialdone e che, negli atti dell’inchiesta, appare come il vero deus ex machina dell’affare. Il denaro, dunque, sarebbe transitato per le sue mani. E così l’acquisto di un’auto destinata alla moglie di Rivellini. Il quale, interrogato in Procura, ha ammesso di conoscere Scialdone ma negato di averlo favorito in qualche modo. Dice Pietro Amodio ai pm: «In origine Scialdone propose di costituire ex novo una società tra noi due e Perreca ma, in seguito, si ritenne più opportuno ottenere l’appalto attraverso una società dello Scialdone, che aveva già i requisiti per partecipare all’appalto. Se non erro, uno dei soci è il sindaco di Villa Literno». Alla fine non se ne fece nulla. Cioè, Amodio non partecipò più all’affare che restò nelle mani di Antimo Perreca, attraverso una ditta di Salerno, la Ecoservice 2000. Conclude Amodio: «La ditta fattura circa cinquantamila euro mensili; il 20 per cento va a Perreca, il 5 per cento a Scialdone».