Sos dei geologi: in Irpinia si rischiano altre frane

Il presidente campano accusa: "Nella nostra regione si agisce soltanto dopo le tragedie"
4 maggio 2010 - Giulio D’Andrea
Fonte: Il Mattino

Un allarme che mette i brividi. Piogge sempre più concentrate in pochi giorni. Precipitazioni sempre più forti. E allora in territori come quello irpino, a forte rischio idrogeologico, potrebbero verificarsi altre frane. Altre Quindici, Cervinara, Montaguto. Nuove vittime, nuovi danni. Un sos lanciato da Francesco Russo, presidente dell'Ordine dei Geologi della Campania, alla vigilia del dodicesimo anniversario della tragedia di Quindici e Sarno (11 morti nell'Avellinese, 159 totali). I geologi si incontreranno domani a Montaguto e Savignano Irpino, nei luoghi che stanno dividendo la Puglia da Roma, complice la frana di 10 milioni di metri cubi che ha da tempo invaso la ferrovia e la Statale 90. L'analisi di Russo è un appello: «Quindici e Montaguto rappresentano due eventi franosi molto diversi tra loro - commenta -. Ma si tratta di due tragedie, umane ed economiche, che potevano essere evitate. Il problema è che in Campania, e in provincia di Avellino, si agisce soltanto durante l'emergenza. E neanche subito». Il presidente dei geologi campani non ha dubbi sulle soluzioni: «Risolvere i problemi a monte, e in maniera radicale. Ben venga il sottosegretario Guido Bertolaso, ben vengano i 19 milioni di euro previsti per Montaguto. Ma la questione - aggiunge Russo - va risolta una volta per tutte, in questo e in altri territori». In Campania ci sono 144 i comuni considerati a «rischio molto elevato», 147 «a rischio elevato». C'è di più. Le zone già interessate dalle frane non sono considerate ancora sicure. Non tutte. Secondo Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania, dalle tragedie si impara ben poco: «Le cittadine travolte dalle frane del '98 non sarebbero protette con un urto fangoso simile a quello di dodici anni fa». Anche qui l'analisi fa paura, visto che per l'associazione non ci sarebbe stata nessuna variazione del grado di rischio dopo l'evento del 1998. Ma l'uomo fa sempre la sua parte quando si tratta di peggiorare le cose: «Le vasche e i canali di protezione costruiti sul Monte Alvano sono già piene di rifiuti ingombranti. Frigoriferi, lavastoviglie. Sarno e Quindici - conferma Francesco Russo - non sono completamente al sicuro. E poi i cambiamenti climatici non fanno ben sperare. Le precipitazioni si abbatteranno con un'intensità sempre maggiore nei prossimi anni». Intervenire presto è più che un imperativo. Le impressioni di Legambiente e i dati del Ministero dell'Ambiente confermano le preoccupazioni dei geologi. Dati allarmanti se si pensa che quasi il 17 per cento del territorio regionale è esposto a pericoli idrogeologici: «Già il numero è un presagio - commenta Chiavazzo -. Inoltre questo 17 per cento comprende 474 comuni». La strada indicata dall'associazione, nel breve termine, è molto semplice. Lavorare sui piani di protezione civile locale. Ma solo pochi i comuni hanno attuato i piani di emergenza. Nel convegno di domani si parlerà anche di cementificazione selvaggia e abusivismo. Due fenomeni che in provincia non riguardano le frane di Quindici e Montaguto. «Ma a Quindici - afferma la professoressa Micla Pennetta, titolare della cattedra di Geologia Ambientale presso la Federico II di Napoli - la frana è stata procurata da antropizzazioni invasive, diboscamenti, incendi, trasformazione di alvei naturali in strade. La mano dolosa dell'uomo c'è stata, il resto lo ha fatto la vicinanza delle abitazioni alla montagna». Discorso diverso per Montaguto, dove la frana è un evento conosciuto da tempo. Qui, secondo Micla Pennetta, si è sottovalutato il problema. Con interventi non proprio felici: «Si sono eliminati i terreni posti ai piedi della frana, provocando un continuo movimento della massa di terreno argilloso». E ora? Fondamentale sarebbe «la realizzazione di una rete di drenaggi che sia in grado di agevolare il deflusso e l'allontanamento definitivo delle acque dalla massa argillosa destrutturata».

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