Rompiballe, tutto da rifare: il processo va a Roma

Accolta l’istanza della difesa, il Tribunale si dichiara incompetente. Inquirenti delusi
17 dicembre 2009 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Niente reazioni polemiche, né dichiarazioni piccate - è bene chiarirlo - anche se la sensazione della beffa è palpabile. La sensazione di aver lavorato a vuoto, su un’inchiesta spostata a Roma con la lettura di una sentenza di poche righe. È la sentenza pronunciata ieri in aula dal giudice Carlo Spagna, presidente della undicesima sezione penale, nel processo «rompiballe». Istanza accolta, dunque, un terremoto annunciato: gli atti vengono trasferiti al pm della Capitale che dovrà valutare se ci sono gli estremi per chiedere il processo a carico di 25 imputati per la gestione dell’emergenza rifiuti in Campania. Azzerati tre anni di indagine, vanificata una lunga udienza preliminare che si era conclusa lo scorso gennaio con il rinvio a giudizio firmato dal gup Raffaele Piccirillo di tutti e 25 imputati. Aula 215, arriva la sentenza di incompetenza: alla Procura di Roma vanno gli atti di tutti gli imputati del processo che ipotizza i reati di truffa, traffico illecito, abuso d’ufficio, nella gestione degli impianti Cdr in Campania. Un colpo al cuore per il secondo atto d’accusa confezionato dalla Procura di Giovandomenico Lepore contro la cabina di regìa del commissariato, al termine delle indagini dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, e dall’aggiunto Aldo de Chiara. Da domani, dunque, decine di faldoni vanno a Roma, a causa di un gioco di connessioni che ha finito col riguardare tutti i soggetti coinvolti: dai vertici commissariali, ai manager del gruppo Impregilo. La svolta - anzi: il retroscena - risale alla scorsa primavera, quando il procuratore Lepore e il pm Maurizio De Marco (delegato nell’inchiesta dopo la revoca implicita dei fascicolo a Noviello e Sirleo) decisero di iscrivere nel fascicolo «rompiballe» anche il magistrato Giovanni Corona, come ex consulente giuridico dell’allora commissario Alessandro Pansa. Da allora, gli imprevisti non sono mancati: il Ministero revoca l’incarico di consulente al pm Corona, che torna in Procura, in pratica nello stesso ufficio che lo ha iscritto nel fascicolo stralcio, assieme agli ex commissari Catenacci, Pansa e Bertolaso. Il resto è cronaca recente: la Procura chiede l’archiviazione per Corona e per i tre prefetti dai reati più gravi, in un’istanza che è oggi al vaglio del gip Pepe e che sarà probabilmente spedita a Roma assieme ai 25 imputati del procedimento principale (tra cui spicca il nome di Marta Di Gennaro, numero due della Protezione civile). Spiega oggi Lepore: «Rispettiamo la decisione del giudice. Tanto lavoro per nulla? Non direi: gli atti vanno al pm che potrà valutare un’indagine fatta, compiuta. All’inizio dell’inchiesta non potevamo immaginare il coinvolgimento di Corona». Cauto De Chiara, per il quale occorre leggere le motivazioni della decisione assunta ieri dalla undicesima penale, mentre festeggia il fronte difensivo. Alla richiesta di trasferimento atti per incompetenza funzionale si erano associati tutti: dai manager ai sette capimpianto (questi ultimi difesi dalla penalista Ilaria Criscuolo). Spiega oggi l’avvocato Luigi Tuccillo: «L’istanza di remissione accoglie le nostre ragioni, ora confidiamo nella riconsiderazione di tutta la vicenda processuale da parte del giudice competente. L’inchiesta torna nella discrezionale valutazione del nuovo pm». Stessa valutazione per Alfonso Maria Stile, difensore di Massimo Malvagna, ex ad Impregilo, il primo a sollevare l’istanza per la connessione con Pansa e Corona: «Ho sollevato il problema della presenza nel fascicolo di un pm in servizio in Procura, ed è scattato un gioco di connessioni». No comment invece dei pm Noviello e Sirleo, che avevano giocato l’ultima carta: ricordando che a Roma non c’è un superprocuratore, figura valida solo nella Campania dell’emergenza rifiuti e delle indagini dei tanti colpi di scena.

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