Regi Lagni, l'inchiesta arriva a una svolta
Santa Maria Capua Vetere. Sono sette gli allevatori che restano ancora detenuti agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sui Regi Lagni che lo scorso 16 aprile ha fatto scattare ventidue ordinanze cautelari domiciliari e una trentina di sequestri tra aziende e depuratori. E sono sette anche le aziende bufaline ancora sottoposte a sigilli così come la permanenza di tre misure interdittive. L’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, di cui è titolare il sostituto procuratore Donato Ceglie, era arrivata al vaglio del gip Maurizio Santise che l’altro giorno ha deciso quindici scarcerazioni. Una condotta illecita che prosegue a carico di sette allevatori accusati a vario titolo di disastro ambientale, gestione illecita di rifiuti, di avvelenamento di acque e scempio paesaggistico: si tratta di Giovanna Schiavone, Vincenzo Rauci, Vincenzo Diana, Bruno Belformato, Antonietta Di Puorto, Giovanni D’Ausilio e Vincenzo Piccolo. A notificare i provvedimenti furono i militari della Guardia di Finanza di Caserta che sequestrarono anche 25 aziende zootecniche (anche ieri quasi tutte dissequestrate) e 4 impianti di depurazione delle acque reflue. Secondo l’accusa, le acque dei Lagni, il reticolo di canali che attraversano un bacino di circa 1095 chilometri quadrati che si estende tra le province di Napoli e Caserta, per anni sarebbero stati avvelenate anche da rifiuti liquidi e solidi di ogni genere come scorie di altiforni, carcasse di animali e di veicoli, tessuti, scarti industriali e solventi. Alle indagini della Guardia di Finanza, oltre all’Arpac, aveva collaborato anche l’Enea. L’inchiesta sui Regi Lagni, che vede 58 indagati e che aveva portato al sequestro di quattro depuratori nelle province di Caserta e Napoli, è condotta al momento dalle Procure di Santa Maria Capua Vetere e Nola ed è quasi certo che resti a Santa Maria Capua Vetere: in primo luogo per la competenza delle ipotesi accusatorie che tuttora permangono in quanto il circondario sammaritano assorbe i reati maggiori, così come avallato dal gip; e anche perché il decreto sull’emergenza rifiuti (scaduto a dicembre scorso), in ogni caso attribuiva la competenza alla Procura di Napoli (elevata al rango di Superprocura per i reati ambientali) per ciò che riguarda i rifiuti solidi urbani gestiti dal commissario. Un argomento - quello della competenza - che verrà trattato domani nel corso di una riunione tra i magistrati interessati (tra cui il capo della Procura sammaritana Corrado Lembo e il sostituto Donato Ceglie) coordinata dal procuratore generale Vincenzo Galgano. Il decreto legge n.90 del 2008, convertito nella legge 123/08, assegnava infatti alla «superprocura» di Napoli la competenza in materia di reati ambientali e rifiuti e al gip collegiale la decisione su eventuali sequestri. Tra i numerosi indagati, ci sono dirigenti della Regione Campania e docenti universitari che fanno parte della commissione regionale di esperti in gestione impianti di depurazione. Dai controlli, inoltre, è emerso che nei Regi Lagni e nel terreno sarebbero finiti gli escrementi di migliaia di bufale tanto da inquinare il mare, ma anche le falde acquifere. Intanto, da lunedì inizieranno anche le discussioni degli avvocati davanti al Tribunale del Riesame di Napoli, comprese le posizioni di alcuni indagati già scarcerati dal gip. Tra gli allevatori scarcerati l’altro giorno, c’era anche Imma Forgione (madre di un affiliato del clan dei Casalesi, Alfonso Cacciapuoti) già destinataria di un sequestro della stessa azienda eseguito dalla Dda nel 2008 nelle more del processo Spartacus. La donna, difesa dall’avvocato Paolo Raimondo, ha beneficiato della scarcerazione e del dissequestro nell’ambito dell’inchiesta sui Regi Lagni ma l’azienda è tornata in mano all’amministratore giudiziario nominato dalla Dda per il primo sequestro.