Concerie e conserve, stop alla holding dei veleni
Hanno sversato nel Sarno - il fiume più inquinato d’Europa - prima di puntare altrove: sotto i piloni della Ferrovia, tra Pomigliano e Sant’Anastasia, ma anche in cave e terreni agricoli di ignari proprietari. Sversavano rifiuti, li «tombavano», brutalizzavano le aree agricole dei cinque comuni di una regione un tempo felice. Gomorra perenne, anche se qui la camorra non c’entra: c’è invece un gruppo di imprenditori dell’agro nocerino-sarnese che scaricava tonnellate di rifiuti speciali - prodotti conciari, del conserviero e del ramo agricolo - abbattendo del 50 per cento i costi di gestione. Associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti, gestione di rifiuti non autorizzata. Ci sono quarantanove imprenditori indagati, quattro dei quali finiscono in carcere, due ai domiciliari, cinque sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza e due all’obbligo di presentazione alla pg. Indagine del pool ecologia dell’aggiunto Aldo De Chiara, condotta dal pm Maurizio De Marco, delegata al Noe (in particolare al gruppo tutela ambiente della Campania), al servizio del maggiore Giovanni Caturano e del capitano Noe di Salerno Ambrosone. Undici imprese sequestrate, ma anche decine di autocarri e impianti di stoccaggio abusivo: sigilli anche a cave usate come pattumiera e a una cartiera di Minori. Capo dell’organizzazione è considerato Alfonso Russo, titolare di un’azienda di autotrasporti che avrebbe organizzato lo smaltimento illecito degli scarti di produzione, nonostante fosse coinvolto in un altro procedimento penale per usura: prima da sorvegliato speciale, poi dagli arresti domiciliari, dava ordini, consigli, organizzava un imponente traffico illecito, come ha spiegato ieri il procuratore Giovandomenico Lepore, nel corso di una conferenza stampa. Durissime le accuse firmate dal gip collegiale Paola Di Nicola (istituito dal governo Berlusconi per risolvere l’emergenza rifiuti in Campania), in un collegio presieduto da Bruno D’Urso e composto anche da Roberto Arnaldi: «La gestione dei rifiuti avveniva, ovviamente, senza alcun pretrattamento, con la tecnica del tombamento o del semplice abbandono a terra, senza analisi, senza contratti e nel più assoluto dispregio di qualsiasi regola, anche semplicemente di autolimitazione da parte degli indagati, nonostante il visibile degrado ambientale determinato». Filmati, pedinati, ascoltati al telefono. Gli imprenditori si davano appuntamento, si incrociavano su territori abbandonati, organizzavano tutto per sversare in modo abusivo. Nome in codice, operazione «falena», perché la presunta gang lavorava soprattutto di notte, per dribblare controlli e occhi indiscreti: «Grazie a tutto questo - è scritto nell’ordinanza - l’associazione delinquenziale ha potuto mantenere un giro di affari notevole, con costi complessivi ridotti al minimo, su un territorio molto vasto già piagato da una condizione emergenziale, raccogliendo, trasportando e smaltendo rifiuti eterogenei nella misura di 1700 metri cubi nel solo periodo compreso tra il 28 ottobre 2008 e il 4 febbraio 2009». E ancora: «I numerosi gravi reati contestati, la particolare noncuranza con la quale è stata condotta l’azione criminosa (in assoluto spregio della salute dei cittadini e dell’ambiente), l’abitualità della stessa, la struttura organizzativa perfettamente collaudata che da anni permette all’associazione di continuare nell’attività delinquenziale organizzata, la preordinazione di intenti e mezzi, sono tutti elementi che evidenziano la particolare personalità criminogena e la pericolosità dei soggetti, mossi da ragioni esclusivamente di profitto. La gravità delle contestazioni e l’impatto deflagrante di esse sull’ambiente inducono a ritenere che gli stessi non potranno usufruire della sospensione condizionale della pena, perché la gestione illecita dei rifiuti costituisce per essi l’unica attività lavorativa e l’unica fonte di reddito».