I pm: sigilli al depuratore di Cuma Il gip dice no, appello al Riesame
in campo la Procura di Napoli
Frode in pubbliche forniture, danneggiamento del litorale marino e di bellezze naturali, scarichi superiori ai limiti della legge. Sono le accuse mosse dalla Procura di Napoli alla gestione del depuratore di Cuma. Inchiesta mare pulito, veleni e polemiche targati luglio 2009, c’è un retroscena: la Procura di Napoli ha chiesto il sequestro del depuratore di Cuma, convinti della necessità di intervenire sul funzionamento dell’impianto, grazie a prescrizioni ritenute inderogabili. Vicenda complessa, a giudicare da quanto avvenuto in questi mesi: la richiesta di sequestro è stata rigettata infatti dal gip del Tribunale di Napoli Marcella Suma, con un provvedimento dello scorso dicembre, poi appellato dalla stessa Procura. Che in questi mesi, non ha desistito e ha rilanciato, nel corso di una udienza dinanzi al Riesame, in cui gli inquirenti sono ritornati sulla gestione del depuratore di Cuma: arriva così la seconda richiesta di sequestro (condizionato alla realizzazione di alcune modifiche), in un procedimento che ora attende la lettura dei giudici del Riesame. Un braccio di ferro ancora incerto, che si registra proprio nelle stesse settimane in cui le Procure di Nola e Santa Maria Capua Vetere - sotto il coordinamento del procuratore generale Vincenzo Galgano - mettono a segno colpi importanti sul fronte delle indagini ambientali: con il sequestro di impianti creati per la gestione dei regi lagni, con il coinvolgimento di imprenditori, manager e funzionari pubblici. Inchieste parallele, su cui va fatta ora chiarezza. Dopo i Regi Lagni, spunta il caso Cuma che, con gli alvei creati dai Borbone non hanno nulla a che spartire, è bene chiarirlo. Mesi di indagine, un lungo atto d’accusa che nasce da un episodio apparentemente sporadico, isolato: lo sciopero dei dipendenti del depuratore in attesa di stipendio. Giorni di afa, tensione e fanghi scaricati a mare. Depuratore spento, spiagge inquinate, crack per la stagione turistica a nord di Napoli. Da allora partono le indagini, con il deposito della richiesta di sequestro a settembre e il no da parte del gip Suma. Che a dicembre non accoglie la richiesta di Lepore e del pool ecologia guidato dall’aggiunto Aldo De Chiara. Non passa la linea del «sequestro con adempimenti», o «sequestro condizionato a una serie di modifiche» per migliorare la qualità del servizio reso, sulla falsariga del provvedimento adottato di recente per la centrale elettrica di Capri da un altro gip del Tribunale di Napoli. Inchieste delicate, c’è divergenza. Si muovono più Procure, ci sono differenti segmenti da approfondire. È uno dei motivi che ha spinto ormai da anni, il procuratore generale Vincenzo Galgano a intepretare il proprio ruolo nel modo più ampio possibile: massimo coordinamento nelle indagini in campo ambientale, per armonizzare gli sforzi e ottimizzare i risultati. Possibile giovedì prossimo un vertice tra i vari uffici inquirenti del distretto di Corte d’appello, una nuova mossa sul fronte dell’infinita emergenza ambientale, tra malagestio, disservizi e differenti valutazioni tra pm e giudici.