«La commissione di esperti? Guadagni extra, nessun controllo»
Cento milioni di euro ogni anno, denaro pagato dai contribuenti per un servizio mai effettuato. Cioè, per la bonifica delle acque reflue che confluiscono nei Regi Lagni e poi nel mare. Di questi soldi, 76 milioni sono destinati ai canoni di gestione degli otto depuratori regionali, cinque dei quali scaricano nel canalone borbonico; 14 milioni spettano agli interventi di manutenzione straordinaria; dieci milioni ai consumi di energia elettrica. Nell’informativa esaminata dal gip di Santa Maria Capua Vetere, Maurizio Santise, la Procura ha sottolineato come «i cittadini sono stati doppiamente danneggiati: perché hanno dovuto pagare per un servizio non reso e poi perché costretti a vivere in un territorio le cui acque superficiali e sotterranee sono state avvelenate anche dalla criminale inefficienza del servizio di depurazione pubblica». Gli investigatori della Guardia di Finanza, nel corso delle indagini che sono state intensificate nell’ultimo anno, hanno rilevato «un altro inquietante aspetto e cioè che qualcuno, in questa vicenda di sprechi di denaro pubblico e danni all’ambiente, ha trovato il modo per arricchirsi: non solo le società private che hanno gestito i depuratori in questi anni, bensì i dirigenti e funzionari pubblici regionali chiamati a comporre la Commissione regionale di esperti gestione impianti di depurazione, deputata al controllo e vigilanza dei depuratori regionali». I 18 tra dirigenti e dipendenti regionali, oltre allo stipendio, in otto anni (dal 1999 al 2006), avrebbero ripartito tra di loro la somma di quattro milioni di euro. Commenta la Guardia di Finanza nell’informativa conclusiva: «Viene spontaneo affermare che mentre per i cittadini le acque di scarico dei depuratori è fonte di malattie, per questi fortunati dipendenti pubblici la stessa acqua è come l’oro». Nell’inchiesta delle Procure di Santa Maria e Nola risultano indagati, infatti, tecnici e docenti universitari che quei controlli non avrebbero fatto nonostante, sostengono gli investigatori, fossero a conoscenza della situazione gravemente compromessa dello stato delle acque e delle impianti. Nel corso delle indagini, per esempio, la Guardia di Finanza ha sequestrato il carteggio tra il responsabile unico della concessione, Bruno Orrico, e il dirigente degli impianti. Di rilevanza viene considerata la nota del 2 febbraio 2010, prot.n° 10/Ruc/2010, che dimostrerebbero la consapevolezza delle condizioni di estremo degrado e inaffidabilità dei depuratori. Particolarmente allarmante la relazione dell’Enea sullo stato dei depuratori di Marigliano e di Acerra-Caivano, depositata nel settembre del 2009, frutto di ispezioni negli impianti e nelle vicine aree industriali: griglie rimosse e poste fuori servizio per problemi tecnici; risalita di fango dal fondo dell’ultima vasca di trattamento, con la conseguenza paradossale del peggioramento delle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche delle acque; scarsa efficienza dell’intera linea di trattamento dei fanghi.