«In uscita la miscela è più esplosiva di quella che entra»
Tre cause di inquinamento, tra differenti attività di smaltimento che hanno contribuito, a danneggiare l’ambiente. In alcuni casi, anche in maniera irreversibile. L’indagine della Guardia di Finanza di Caserta, svolta in collaborazione con i tecnici dell’Arpac e dell’Enea, hanno individuato le principali cause di avvelenamento di terreni, falde acquifere e coste del litorale domizio-flegreo: gli scarichi abusivi attraverso l’immissione diretta nei Regi lagni delle deiezioni animali, documentati attraverso l’impiego di telecamere; l’immissione diretta nel canalone borbonico dei fanghi tossici provenienti dal ciclo delle depurazioni delle acque attraverso «il doloso pessimo e illegale utilizzo di depuratori pubblici, di proprietà della Regione Campania e attualmente gestiti in concessione dalla Hydrogest», nonché l’immissione diretta di reflui urbani (per esempio, quelli provenienti da Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Casapesenna); l’immissione diretta nei Regi Lagni e nella rete dei canali confluenti di scarichi e rifiuti provenienti da insediamenti produttivi industriali. Trenta chilometri di veleni Le indagini chimiche e batteriologiche hanno interessato un arco temporale di quasi quattro anni e un’estensione del fronte del mare di trenta chilometri. Il quadro, scrive la Procura, è «assolutamente agghiacciante, con punte di accertato inquinamento chimico e batteriologico delle acque superficiali e sotterranee superiori in alcuni casi anche di centinaia di volte i parametri massimi imposti dalla legge». I depuratori che inquinano «Si è accertato che il sistema di depurazione delle acque che dovrebbe derivare da un corretto e legale utilizzo dei depuratori regionali siti e operativi nei comuni di Marcianise, Orta di Atella, Villa Literno, Caivano e Nola in realtà, non solo non depura alcunché ma contribuisce in maniera determinante» all’inquinamento dei corsi d’acqua, delle falde e del mare. Non è finita. Le acque inquinate che entrano nei depuratori fuoriescono «con livelli di pericolosità e di inquinamento assolutamente superiori a quelli di entrata». A queste si aggiungono i fanghi presenti nel depuratore e «questa miscela esplosiva va a inquinare i fiumi, i Regi Lagni e il mare». Il cancro dei frutteti Le conseguenze? Sono raccontate dall’agronomo Michele Mastroianni, consulente della Procura, che ha analizzato alcuni alberi da frutta - susini - che si erano seccati subito dopo l’esondazione delle acque dei Regi Lagni. Nella relazione si fa riferimento alla crescita spontanea e improvvisa di erbe infestanti (l’amaranto comune e la porcellana) ma c’è anche l’analisi delle radici di alcune piante: oltre alle escrescenze biancastre tipiche della lenticellosi, una patologia causata dall’eccesso di acqua, erano presenti «delle piccole masse tumorali». L’ipertrofia delle lenticelle, scrive l’agronomo, da sola non giustifica un effetto «così devastante e fulmineo». La conclusione è che la morte degli alberi non è stata causata dall’eccesso di acqua ma «dalla cattiva qualità delle acque».