Veleni nei Regi Lagni depuratori sequestrati
L’immagine del bufalotto gonfio, sulla spiaggia di Castelvolturno, vale più di cento analisi chimiche e batteriologiche. È arrivato lì, sul tratto di arenile compreso tra la foce dei Regi Lagni e la Cittadella, seguendo il corso delle acque luride, una sorta di bara liquida di animali improduttivi e di carcasse, di lattine di alluminio e bottiglie di plastica, di escrementi allo stato semi-solido e di veleni industriali. Attorno, centinaia di ettari di terreno che un tempo era fertilissimo e che oggi, irrorato dalla fanghiglia prelevata nei depuratori, si stanno trasformando in masse tumorali vegetali che uccidono la vegetazione, le colture, i frutteti. Lungo il canale principale dei Regi Lagni, oltre sessanta chilometri di scarichi a cielo aperto che attraversano tre province e 104 comuni, ci sono centinaia di aziende zootecniche, impianti industriali, megastore commerciali, officine meccaniche. Producono mozzarella, conserve, detersivi, abbigliamento. Immettono gli scarti di lavorazione direttamente nel canalone, saltando le griglie e le paratie. Ciò che arriva a mare, transitando per le vasche di depurazione, è una mistura velenosissima, molto più pericolosa di quanto fosse in partenza, responsabile di un disastro ambientale di proporzioni colossali. Le responsabilità? Generalizzate, è vero.
Sociali prima ancora che penali. Ma tra tanti cattivi ce ne sono alcuni più colpevoli degli altri. Sono sessantuno le persone finite nell’inchiesta «Acque chiare» condotta da due Procure - Santa Maria Capua Vetere e Nola - e dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Caserta. Ventidue sono titolari di aziende bufaline e zootecniche e sono state arrestaste all’alba di ieri. Sono tutti agli arresti domiciliari e accusati, a vario titolo di disastro ambientale, gestione illecita di rifiuti, di avvelenamento di acque e scempio paesaggistico. Quattro, invece, i destinatari di misure interdittive dagli uffici direttivi delle imprese: l’amministratore delegato della Hydrogest Gaetano De Bari, il presidente del consiglio di amministrazione Domenico Giustino, il capo impianto del depuratore di Napoli Nord Luigi Piscopo e il capo impianto del depuratore Foce dei Regi Lagni, Mauro Pasquariello. Sequestrati quattro dei cinque depuratori del bacino Napoli-Caserta: quelli di Villa Literno, Orta di Atella e Marcianise (gestiti da Hydrogest) e di Marigliano, affidato alla Costruzioni Dondi. Sigilli anche a 25 aziende zootecniche.
Tra gli indagati, anche i componenti della commissione di controllo regionale (Nicola Cristiano, Giuseppe Iazzetta, Manlio Ingrosso, Carmine Pepe, Giampaolo Rotondo, Francesco Paolo Ventriglia, Mario Lupacchini, Generoso Schiavone, Gerardo Garri, Vincenzo Baroni, Luigi Rauci, Carlo Giri) per i quali il gip Maurizio Santise ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza ma non le esigenze cautelari. Indagato, infine, Ermanno Niccoli, legale rappresentante del Centro Commerciale Campania: la struttura avrebbe sversato i reflui industriali nelle acque di un affluente dei Regi Lagni senza alcuna autorizzazione amministrativa. Non si sa, però, se questa attività ha prodotto danni all’ambiente. Gravissime le accuse nei confronti della Hydrogest, che per aumentare i guadagni avrebbe lesinato sugli interventi di manutenzione degli impianti, in special modo di Napoli Nord e Villa Literno. L’Enea, che con l’Arpac ha collaborato alle indagini, su disposizione del gip di Nola Francesco Gesuè Rizzi Ulmo è stato nominato custode giudiziario dell’impianto di Marigliano e dovrebbe essere nominato nei prossimi giorni custode, o consulente, anche degli altri tre impianti sotto sequestro.