Da Nola al Volturno, una bomba ecologica a cielo aperto
Ma in pineta la rivincita dei trampolieri
Castelvolturno. Gabbiani. A decine. Si posano, strillano, lambiscono acque fetide. Sono le uniche forme di vita che animano la foce dei Regi Lagni, spurgo finale in mare di una trentina di chilometri limacciosi e maleodoranti che partono da Ponte delle Tavole vicino Nola e trascinano giù ogni scempio possibile. Un canale alto due metri e mezzo, con acqua stagnante profonda una cinquantina di centimetri su un fondale di cemento. Non molto distante, spunta la pineta del villaggio Coppola. Laggiù si allenano Lavezzi e compagni. A poche centinaia di metri dall’oasi scelta dal Calcio Napoli per la sua preparazione settimanale, c’è questa cloaca a cielo aperto. Il ristorante «Scalzone» è a ridosso del ponte che passa sull’Asta valliva del canale. Sono le quattro del pomeriggio e la scena surreale diventa paradossale: un sulky, con tanto di fantino e cavallo, trotta nel canale verso il maneggio non molto distante. Uomo e animale sembrano a proprio agio in quei centimetri di fanghiglia, dove spuntano canne e muschi limacciosi. Pneumatici che fanno da corredo alla vegetazione, un grosso tubo nero. I contrasti si fanno violenti nella toponomastica delle stradine che portano alla foce, costeggiando la pineta. Portano tutte nomi di poeti e scrittori: D’Annunzio, Verga, Fogazzaro. Liriche e cruda realtà in lotta tra loro. Ma è proprio da via Dante Alighieri, passando per caseggiati abitati da immigrati africani, che si arriva subito alla foce. Sulla sabbia dal colore scuro, c’è di tutto: dentiere, zoccoli di cinghiale, sacchi di stracci, bottiglie di ogni genere e foggia, medicinali, cani morti. «Fino a qualche giorno fa, proprio qui c’era una bufala morta - spiega uno dei marescialli che ha lavorato con impegno all’indagine della guardia di finanza - L’abbiamo fotografata. Chissà da dove era stata trascinata». Quattro anni di lavoro, il nucleo di polizia tributaria di Caserta, guidato dal colonnello Michele Iadarola, ha setacciato centinaia di chilometri dei Regi Lagni sequestrando quattro depuratori tra alveo principale e canali d’afflusso. Tante foto e video. Ma nessuna immagine può rendere quanto si vede in diretta. Dove l’alveo principale si restringe, vicino l’area industriale di Caivano, appare un cimitero di auto. Carcasse a decine, di tutti i modelli, di tutti i colori. Abbandonate nell’acqua. Ma il viaggio lungo questo artificiale fiume da blade runner, monumento agli stupri dell’uomo verso il suo territorio, sembra un’escursione nella geografia industriale di due province. Lo dimostrano le tante balle di stoffe, che si accumulano ovunque. Alcune impregnate di sostanze da identificare. Abbandonate da fabbriche e fabbrichette di abbigliamento della provincia vesuviana. Illegali o appena emerse. Italiane o cinesi. E poi, nella zona di Marcianise e soprattutto in quella di Acerra, scorie industriali di origini varie. La tecnica è sempre la stessa: le sostanze si abbandonano sulle spallette oblique a ridosso del canalone. Pioggia e forza di inerzia, a poco a poco, farà tracimare tutto nella poltiglia liquida. Senza possibilità di individuare l'azienda, o la sostanza chimica. Lo smaltimento è gratis, anche se da criminali. Nella zona di San Marcellino, il collettore fognario viene scavalcato e tutti i liquami finiscono nei canali dei Regi Lagni. Assenze, praterie di leggi fai da te ovunque: il vallone principale è alimentato da affluenti di acque reflue diverse, con stradine create per la manutenzione. Chissà chi ha pensato che quelle stradine fossero cosa propria: a decine sono spuntate sbarre e catenacci. Ma è inutile prendersela con qualcuno. Basta dare uno sguardo alla stupenda pineta di Castelvolturno, per rendersi conto che ognuno pensa a quest’area come una grande fogna. Un mese fa, i lavoratori socialmente utili hanno ripulito tutto. Ora c’è di nuovo una sterminata prateria di cartacce, bottiglie, sacchetti con ogni putridume. Le reti di recinzione? Divelte, naturalmente. La foce dei Regi Lagni, quella che dovrebbe essere bonificata, è il regno dell’impossibile. Piccoli ring recintati con terreno azzurro testimoniano gli interventi per rendere inoffensivo l’amianto che è stato sparso e abbandonato tutt’intorno. Sacchi bianchi con detriti, dimostrazioni di bonifica. Sugli alti pini, la natura si vendica: una decina di garzette, alti trampolieri che non immagineresti mai di vedere da queste parti, hanno costruito proprio qui i loro nidi. Poteva essere un paradiso naturale, l’uomo ne ha fatto un luogo di vergogna.