L'Arpac: Nel mare di Napoli scarichi non trattati
A ovest le acque malsane dei Regi Lagni, a est un depuratore progettato per un’area industriale che non c’è, e che quindi funziona a scartamento ridotto: ma anche le acque che bagnano Napoli sono luride e inquinate come quelle del litorale casertano. E l’allarme cresce con il passare delle ore. Alla Procura di Napoli all’inizio della prossima settimana arriveranno i faldoni dell’inchiesta di Nola e Santa Maria Capua Vetere, così sarà possibile capire se le indagini dovranno essere estese anche al territorio cittadino. Ma non c’è bisogno di aspettare quei documenti per scoprire che il mare di Napoli è già ad alto rischio così com’è. Bastano due clic sul sito dell’Arpa Campania per scoprire che le bandiere di pericolo sono ovunque nella piantina multimediale a disposizione degli utenti. E l’allarme, al di là del mondo digitale, viene lanciato anche dall’ingegnere Alfonso De Nardo, direttore provinciale dell’agenzia per la protezione ambientale, che è stato a Napoli fino alla settimana scorsa, prima di passare alla direzione della provincia di Salerno: «Se devo proprio dare una percentuale dico che solo il 10% delle acque di fogna sono trattate correttamente. Il resto finisce direttamente nel mare del Golfo, con i risultati che potete immaginare». I risultati si presentano sotto forma di agenti inquinanti e di inimmaginabili concentrazioni batteriche. Solo rari tratti della linea costiera cittadina vengono risparmiati, con buona pace degli Amministratori e dei bagnanti estivi. L’area metropolitana del capoluogo viene «servita» da due depuratori, a ovest c’è quello di Cuma, mentre la zona orientale sversa nel depuratore chiamato Napoli est. Ognuno dei due impianti presenta limiti e problemi che ne riducono l’efficienza. Quello di Napoli est, poi, ha una particolarità: sversa esattamente dentro al porto di Napoli. Non arriva al largo, in alto mare, a profondità adeguate a inibire l’effetto deleterio del materiale sversato, perché il grosso tubo che dovrebbe portare quell’acqua sporca lontana dalla costa non viene utilizzato: «È stato progettato e realizzato molti anni fa - chiarisce l’ingegnere Di Nardo, però non è mai entrato in funzione». Quella condotta è stata anche rimessa in sesto ultimamente e sarebbe pronta ad entrare in funzione, basterebbe completare il collegamento: «So che lo faranno a breve. Io lo spero», sorride De Nardo. Il depuratore di Napoli Est era stato progettato per accogliere i residui industriali dell’area di sviluppo. Quell’area, però, ha abbandonato la vocazione industriale, se mai l’ha avuta, e si è trasformata in un imponente agglomerato di abitazioni civili: «Così una struttura ideata per trattare i residui delle industrie, con trattamento chimico, adesso accoglie reflui delle abitazioni, che prevedono un trattamento biologico - Racconta l’ex direttore provinciale Arpac - naturalmente non si ottengono risultati adeguati e quelle acque finiscono nel porto quasi senza depurazione». L’impianto di Napoli est, per adesso, accoglie meno della metà del materiale che potrebbe trattare. Si attende l’allacciamento di molte città del Vesuviano, che attualmente sversano i loro liquami direttamente nelle acque del Golfo di Napoli, senza nessuna bonifica. L’impianto di Cuma, invece, è nato proprio per il trattamento delle acque provenienti dai centri urbani: «Però necessita di adeguamenti e di ampliamenti che lo renderebbero decisamente migliore. E in quel depuratore dovranno anche essere convogliate le acque dei comuni della provincia come Acerra, ad esempio, che si sta dotando di un impianto di sollevamento per allacciarsi a quella struttura senza più sversare direttamente nei Regi lagni». Accerchiata dagli sversamenti dei reflui, Napoli si scopre al centro di un mare inquinato e pericoloso: «la situazione oggi è disastrosa - non usa mezzi termini l’ingegnere De Nardo - però non voglio essere catastrofista ad ogni costo. Dico che gran parte del lavoro di adeguamento è in corso e sono certo che tra poco la situazione potrà migliorare. Napoli è come un assetato nel deserto che vede l’oasi a pochi passi. Ma dipende tutto dalla volontà di chi opera: io spero solo che quell’oasi non sia un miraggio».