Ariano Irpino

Miscano inquinato, i carabinieri scoprono il colpevole

E' un quarant'enne, titolare di uan fabbrica alimentare che scaricava rifiuti nel fiume
12 aprile 2010 - Vincenzo Grasso
Fonte: Il Mattino Avellino

Ariano Irpino. Provenivano da una fabbrica alimentare di località Cupamorte gli scarichi abusivi di reflui che da diverse settimane avevano inquinato le acque del fiume Miscano, provocando un comprensibile allarmismo nei contadini e in molti residenti dei comuni di Ariano Irpino, Montecalvo e Casalbore. La scoperta, effettuata dai carabinieri della Compagnia di Ariano coordinati dal capitano Pasquale D’Antonio, ha comportato la denuncia a piede libero di un imprenditore arianese di 40 anni e il sequestro del capannone dove veniva effettuata la trasformazione di prodotti ortofrutticoli, in prevalenza patate, che finivano nei supermercati delle province di Avellino e Benevento. Tutto è cominciato quando nel fiume Miscano, nel tratto che dalla SS 90 bis porta a Casalbore, è stata notata una notevole quantità di schiuma di color avorio. Da un sopralluogo effettuato dopo la denuncia di alcuni cittadini, i carabinieri di Montecalvo, guidati dal maresciallo capo Vincenzo Vernucchi e con il sindaco di Casalbore, Raffaele Fabiano, hanno potuto capire che quella sostanza proveniva da un affluente del fiume e precisamente da un’azienda di trasformazione di prodotti ortofrutticoli. Non c’è voluto molto per i carabinieri, dopo il prelievo di campioni di acqua e l’ispezione all’azienda di trasformazione dei prodotti ortofrutticoli, assieme a personale del dipartimento di prevenzione dell’Asl Avellino e dell’Arpac, risalire ai responsabili. In effetti i locali utilizzati dall’azienda per il deposito e la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli erano privi di autorizzazione amministrativa, certificato di agibilità e dichiarazione di inizio attività sanitaria, oltre, ovviamente, delle autorizzazioni allo scarico delle acque reflue di lavorazione. Ma non solo. Ai carabinieri e ai tecnici dell’Asl e dell’Arpac si è presentato anche uno scenario più grave. I locali di deposito erano tutti in pessime condizioni igienico-sanitarie. Inevitabile il sequestro di venti mila chilogrammi di patate, di due confezionatrici e imbustatrici e di un nastro trasportatore. La patate, in particolare, conservate in sacchi di juta e in cassoni di plastica, erano sistemate in locali con pavimenti sporchi, sudici, residui di imballaggi, mentre alle pareti facevano bella mostra di sé ragnatele e tracce di umidità. Il quarantenne titolare dell'azienda, che non ha saputo fornire alcuna spiegazione sulle condizioni igieniche dei locali, è stato denunciato per aver scaricato reflui senza autorizzazione. Sulla vicenda è intervenuto il presidente regionale di Legambiente, Michele Buonomo, per denunciare i comportamenti scorretti di molti imprenditori locali. «Una pratica consolidata - spiega Buonomo - che ha rovinato la salute dei nostri fiumi. Quante aziende nella nostra regione sono fuorilegge , senza nessun tipo di scarico a norma di legge. È assurdo, ma forse non ci dobbiamo meravigliare più di nulla: sono ancora molte le aziende che continuano a lavorare nell’illegalità giù totale. Essere fuori norma, aggirare la legge, risparmiare sui costi dello smaltimento è ormai una pratica consolidata nella nostra regione che ha rovinato lo stato di salute dei principali fiumi. Ci chiediamo chissà quante aziende nell’intera regione lavorano, producono senza nessun tipo di scarico in norma alla legge? Difficile trovare la risposta e per ora non ci resta che ringraziare le forze dell’ordine che quotidianamente in una lotta impari sequestrano e tutelano la salute dei cittadini e del territorio». Gli inquirenti, infine, stanno valutando anche la posizione delle persone, alcune straniere, impiegate nella lavorazione dei prodotti ortofrutticoli.

Powered by PhPeace 2.6.4