Consulenze d'oro, Bassolino rinviato a giudizio
L’ultima grana giudiziaria arriva quando è ormai prossimo a lasciare la carica di governatore: Antonio Bassolino è stato rinviato a giudizio ieri mattina, a distanza di poche ore dalla vittoria di Stefano Caldoro alle regionali. È stato il gup Vincenzo Alabiso a firmare il processo a carico del presidente della regione Campania Antonio Bassolino, che dovrà difendersi dall’accusa di peculato, nel corso del processo che avrà inizio il prossimo 20 luglio, dinanzi ai giudici della prima sezione penale. La storia è quella delle presunte consulenze d’oro, dei presunti incarichi esterni assegnati nel corso del suo mandato in via Santa Lucia. Un procedimento complesso, che vede anche altri imputati nella ricostruzione del pm. Nel corso dello stesso processo, sono stati infatti condannati - per la stessa ipotesi di peculato - anche due ex collaboratori del governatore, ai tempi della crisi rifiuti, che avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato: vengono così condannati a due anni Raffaele Vanoli, ex braccio destro di Bassolino al commissariato per l’emergenza rifiuti; e a un anno e sei mesi lo stesso Soprano, che risulta tra i beneficiari delle delibere sugli incarichi esterni. A giudizio, invece, assieme a Bassolino, un altro protagonista della gestione commissariale dell’emergenza rifiuti, vale a dire l’ex subcommissario Giulio Facchi; e un quarto imputato, il ragioniere Michele Carta Mantiglia (quest’ultimo fruitore di una consulenza di 72.914 euro, tra giugno 2002 e luglio 2003). Ancora i rifiuti dunque sul cammino del governatore uscente, ancora un boomerang dall’emergenza campana. L’ultima accusa a carico di Bassolino risale a un periodo compreso tra giugno e settembre del 2001. Sotto i riflettori finisce in particolare l’erogazione di 154 milioni di lire (pari a 79.534 euro) a vantaggio di Soprano, che aveva avuto incarico come consulente esterno di redigere pareri in materia amministrativa su richiesta dello stesso commissariato. Incarichi doppione - ipotizzano gli inquirenti - su cui oggi la Procura chiede un accertamento in aula davanti a un collegio di giudici. Stando al ragionamento del pm, infatti, i provvedimenti di pagamento preparati da Vanoli e Bassolino risultavano «illegittimi e illeciti». Bassolino e gli altri imputati sono stati invece prosciolti o scagionati dal reato di falso, in una vicenda che ora sarà sviscerata in un contraddittorio pubblico. Spiega il penalista Giuseppe Fusco, che difende Bassolino assieme al collega Massimo Krogh: «Bassolino è stato rinviato a giudizio con l’accusa di peculato per aver firmato due decreti di liquidazione per due parcelle all’avvocato amministrativista Enrico Soprano che, secondo il consulente del pm, superavano di ventimila euro il minimo della tariffa professionale. Le indagini erano iniziate con delle ipotesi più ampie e vaste - aggiunge il legale - alla fine tutto è legato a due parcelle pagate a Soprano per una presunta differenza di ventimila euro in più rispetto al minimo della tariffa professionale. Il problema che si pone è che le tariffe delle parcelle professionali hanno varie voci che possono essere interpretate in diversi modi». Rifiuti, gestione commissariale, parcelle. Sono anche i tre poli del principale atto d’accusa alla gestione campana della crisi spazzatura, culminato in un processo che si sta tenendo dinanzi alla quinta sezione penale del Tribunale di Napoli. Anche qui, oltre a Bassolino, ci sono i nomi di Vanoli e Facchi, nel corso di un processo condotto dai pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, che hanno insistito su un punto in particolare: l’emergenza non veniva risolta, ma veniva gestita, visti gli incassi piovuti in Campania per creare un ciclo produttivo nella raccolta dei rifiuti. Un’ipotesi tutta da dimostrare, che ora attende il verdetto dei giudici napoletani.