Fumarole non stop protestano i comitati
Maddaloni. La burocrazia e i conflitti di competenze sono più irritanti dei gas caustici. Al momento, a cinque mesi dai primi rilievi allarmati, non è stata ancora fermata l'immissione in atmosfera di ”solventi aromatici”. Né sono state chiuse le fumarole che liberano benzene, associato a toluene, etil-benzene e xileni. E soprattutto, non è stata ancora realizzata (secondo i dettami Arpac), «l'inderogabile messa in sicurezza del sito (cava Masseria Monti) che contiene anche scorie di fusione e molte altre tipologie di rifiuti speciali sepolti». Cioè il ripristino del «sarcofago di terra» sul sito contaminato posto tra l'ex-statale 265, la variante Anas Maddaloni-Capua e San Marco Evangelista. Tanto basta per innescare la prima protesta organizzata dei residenti. «Come certifica l'Arpac - spiega Antonio Cuomo, presidente del Comitato per la vivibilità - esiste un rischio documentato che è la fuga di inquinanti nelle falde acquifere e la contaminazione dei suoli». Brandendo la comunicazione dell'Arpac, scavalcato il Comune di Maddaloni e il Dipartimento di Prevenzione distretto 13 dell'Asl, i gestori degli opifici, ipermercati, cash&carry, autosaloni, aree di servizio, megastore, e negozi, distribuiti tra Caserta Sud e Maddaloni, in rappresentanza di circa 1000 lavoratori chiedono «un intervento urgente» della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Tutti parlano con una sola voce. «Vogliamo - spiega il presidente Antonio Cuomo - le dovute rassicurazioni sulle azioni di contrasto contro i rischi delle esalazioni tossiche. È una questione di tutela della salute sui luoghi di lavoro, di tutela dell'ambiente, e in particolar modo della filiera alimentare visto che i campi limitrofi al sito continuano ad essere intensamente coltivati».