Emergenza Rifiuti in Campania La Corte di Giustizia condanna l'Italia

L'UE: camorra e proteste non assolvono, cittadini esposti a gravi rischi per la salute
5 marzo 2010 - d.d.c.
Fonte: Il Mattino

L’emergenza rifiuti ha messo a rischio la salute dei cittadini campani. Lo sostiene la quarta sezione della Corte europea di giustizia che ha condannato l’Italia, congelando 500 milioni di fondi Ue. Una sentenza di venticinque pagine che contiene durissime censure all’operato del governo. La premessa della sanzione è nella diffida allo stesso governo italiano, inviata nel giugno del 2007 dalla commissione a causa dell’accumularsi dei rifiuti in Campania. Un mese dopo, l’arrivo a Napoli di una delegazione per un sopralluogo; dopo una serie di incontri e riunioni con i rappresentanti italiani, il primo febbraio del 2008 la commissione spedisce un «parere motivato», invitando l’Italia a conformarsi entro un mese alle direttive europee. Il 4 marzo arriva la replica, giudicata insufficiente, e parte il ricorso. Ieri la sentenza della Corte europea e la condanna. L’Europa ha contestato il basso tasso di differenziata, l’insufficienza delle discariche e degli impianti di lavorazione dei rifiuti e di termovalorizzazione. La Repubblica Italiana ha sottolineato l’impegno per risolvere la situazione e ha poi informato la commissione dell’apertura delle discariche di Savignano e di Sant’Arcangelo e del varo del decreto del maggio 2008 che prevedeva l’apertura di nuovi siti, la realizzazione di cinque termovalorizzatori e un nuovo impegno per la differenziata. Troppo tardi, per l’Europa: i provvedimenti sono arrivati, infatti, dopo la scadenza dei termini previsti. Ma non è finita. L’Italia ha sostenuto che l’emergenza non ha provocato danni alla salute dei cittadini campani, tesi supportata da uno studio dell’organizzazione mondiale della sanità. Ma i risultati del rapporto, ha sostenuto la Commissione, «corroborano la nozione di un’anomalia nello stato di salute della popolazione residente nei comuni dell’area nord-est della provincia di Napoli e sud-ovest della provincia di Caserta». E ancora: «Lo studio in questione avrebbe anche confermato l’ipotesi che eccessi di mortalità e malformazioni tendano a concentrarsi nelle zone dove è più intensa la presenza di siti conosciuti di smaltimento dei rifiuti». La Corte europea scrive nella sentenza: «Un accumulo nelle strade e nelle aree di stoccaggio temporanee di quantitativi così ingenti di rifiuti ha indubbiamente creato un rischio per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e per la flora». Di fronte a questi dati l’Europa non ammette scuse. Gli avvocati italiani avevano sostenuto che le disfunzioni campane erano giustificate dalla presenza della malavita organizzata, dalle inadempienze contrattuali della Impregilo e dalle manifestazioni popolari. Giustificazioni respinte al mittente. Con danni. È scritto, infatti, nella sentenza: «In merito alla presenza di organizzazioni criminali o di persone connotate come ”operanti ai limiti della legalità” che sarebbero attive nel settore della gestione dei rifiuti, è sufficiente rilevare che tale circostanza, anche supponendola provata, non può giustificare la violazione da parte dello stato membro degli obblighi ad esso incombenti». Si passa poi alla vicenda Impregilo. E qui la Corte è anche più dura: «Un’amministrazione diligente - è scritto nella sentenza - avrebbe dovuto adottare le misure necessarie a tutelarsi contro gli inadempimenti contrattuali come quelli avvenuti in Campania o a garantire che, nonostante tali mancanze, fosse assicurata la realizzazione effettiva e nei tempi previsti delle infrastrutture necessarie allo smaltimento dei rifiuti della Regione». E le manifestazioni popolari? La commissione sostiene che sono la conseguenza e non la causa dell’emergenza e la Corte ancora una volta le dà ragione e sottolinea che le situazioni interne non possono giustificare inadempienze rispetto alle norme europee.

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