"Bonifiche truffa" maxisequestro alla Jacorossi

Stop del giudice ai tredici milioni presunto provento degli illeciti
18 febbraio 2010 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Sequestro di tredici milioni e novecentomila euro a carico del gruppo Jacorossi, per anni impegnato in Campania sul delicato fronte delle bonifiche. È stato il gup collegiale (previsto dalla normativa d’emergenza varata in Campania nel 2008 dal governo Berlusconi) ad accogliere la maxirichiesta di sequestro, al termine del primo filone d’indagine a carico del colosso imprenditoriale. Inchiesta complessa, con un doppio sbocco al termine delle udienze preliminari dinanzi al gip Alfano: da un lato infatti, sono stati rinviati a giudizio gli ex vertici societari, tra cui anche la Jacorossi intesa come persona giuridica (otto marzo, giudice monocratico di Pozzuoli); dall’altro il maxisequestro per i presunti proventi della truffa, che figura tra i capi d’accusa assieme all’ipotesi di traffico illecito di rifiuti. Un provvedimento firmato all’inizio del mese in corso, sul quale ora però pende la richiesta di revoca dinanzi al Tribunale del Riesame, presentata dal penalista napoletano Bruno Botti. Ma in cosa consiste l’inchiesta sfociata in questi giorni nei sigilli a oltre tredici milioni di euro? Si parte dalle accuse: traffico illecito e truffa, secondo le conclusioni dei pm Ribera, Di Iorio e Gargiulo: in piena emergenza spazzatura in Campania, la Jacorossi non avrebbe rispettato il contratto che legava l’azienda al commissariato per le bonifiche. L’obiettivo era ripulire intere fette di territorio della Campania, zone letteralmente sommerse da ogni genere di spazzatura, dopo anni di sversamenti indiscriminati. Ripulire, distinguere attraverso codici fissati dalla normativa europea, smaltire in modo corretto. Stando invece alle indagini del Noe, rifiuti indifferenziati sarebbero stati tombati in cave e discariche, seppellite a dispetto delle regole. Di qui l’ipotesi di traffico illecito, ma anche di truffa per non aver onorato il contratto firmato con Regione e Commissariato. Versione, quella dell’accusa, respinta in modo categorico. Si parte, ad esempio, dalle presunte omissioni del commissariato, che non avrebbe rispettato quanto definito dal contratto: dalla mancata messa a disposizione di terreni e di aree di discarica, dove conferire i rifiuti (per lo più inerti) che venivano di volta in volta prelevati. Stando all’istanza presentata al Riesame dal penalista Bruno Botti, inoltre, non sarebbero stati alterati i codici dei rifiuti, né ci sarebbe stato un sistema teso a truffare il commissariato per le bonifiche. Al centro del procedimento, anche un’altra questione, che riguarda l’assunzione di 385 lavoratori socialmente utili, quelli diventati «famosi» dopo un servizio giornalistico di Report: pagati per non lavorare, in uno scenario che si sarebbe protratto per diversi mesi. In un secondo filone d’inchiesta, invece, l’accusa di truffa si estende anche ai vertici istituzionali in Campania, questa volta per una transazione siglata (con il via libera dell’avvocatura dello Stato) da Prefettura, commissariato per le bonifiche e quelli della Jacorossi.

Tre fascicoli aperti, indaga anche la Corte dei Conti

Sono complessivamente tre i fascicoli che coinvolgono la Jacorossi: quello aperto dalla corte dei conti ( ci lavora il pool tutela spesa pubblica della guardia di finanza guidato dal colonnello Alessandro Barbera) quello dei Pm La Ragione e Woodcock, e quello dei pm Maria Cristina Gargiulo e Mario Di Iorio che a luglio hanno ottenuto il rinvio a giudizio dei vertici dell'azienda e dei gestori di una serie di imprese campane che avrebbero di fatto provveduto allo smaltimento dei rifiuti: la Jacorossi, infatti, pur avendo assunto 380 dipendenti (tutti attualmente in cassa integrazione) affidava all'esterno la lavorazione dei rifiuti tossici e pericolosi. E lo avrebbe fatto, secondo i magistrati, servendosi di una serie di società che avrebbero collaborato a scaricare illegalmente. Tra le altre anche la Liccarblok, che si trova anche al centro delle indagini sulla Recam, la società regionale che avrebbe dovuto provvedere alle bonifiche intervenendo proprio nello stesso settore della Jacorossi.

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