Caso Eternit, si cercano 250 operai
Mettersi sulle tracce degli ex operai dell’Eternit di Bagnoli, la fabbrica dismessa venticinque anni fa, può sembrare un’impresa senza senso. Invece un senso c’è eccome, quando le tracce portano a un’inchiesta-bis sulle morti d’amianto avviata dalla Procura di Torino. E quando quest’inchiesta punta a far valere diritti negati fino a oggi, è il monito lanciato da Massimo Menegozzo, consulente del procuratore vicario Raffaele Guariniello. Per risalire ai nomi e agli indirizzi degli operai «desaparecidos», Menegozzo ha lanciato pubblicamente un appello a collaborare, rivolgendosi agli anziani abitanti del quartiere flegreo e alle altre tute blu oramai in pensione, nel corso di una assemblea organizzata a Cavalleggeri dalla Fillea Cgil. Sotto la lente degli investigatori ci sono i casi sfuggiti al processo in corso nella capitale piemontese: morti e ammalati che sono stati a contatto con l’amianto, la polvere assassina che si levava durante le lavorazioni nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale. Tra questi, quello di Bagnoli. Dove rimangono numerosi i cosiddetti «desaparecidos», i lavoratori scomparsi. Di loro si sono perse le tracce dopo la chiusura dell’impianto e, proprio perché non rintracciabili, esclusi a priori dalla prima fase dell’inchiesta. «Mancano all’appello almeno 250 lavoratori, nonostante le ricerche già portate avanti per tre anni», ha spiegato Menegozzo, e ha aggiunto: «Abbiamo consultato dodici libri di matricola della società, ottenuti attraverso rogatorie internazionali. Abbiamo richiesto informazioni a tanti Comuni. Ma non siamo riusciti a recuperare neanche i dati anagrafici di questi ex operai. Aiutateci a stabilire un contatto». Sembra un secolo fa, invece ne è passato solo un quarto dalla chiusura dello stabilimento Eternit più a Sud in Italia. E cosa rimane di quell’impresa: a Bagnoli non uno scheletro della possente archeologia industriale, demolita nel corso dei lavori di riqualificazione e bonifica della zona. Altre tracce restano: basta incontrare gli ex lavoratori che risiedono nel quartiere. Loro mostrano i segni: soffrono per esempio di patologie respiratorie correlate all’amianto, come l’asbestosi, oppure vivono nel terrore di essere colpiti da un tumore aggressivo e spia dell’amianto, come il mesotelioma. Dal 10 dicembre è iniziato il processo contro due responsabili della multinazionale: il miliardario svizzero Stephan Schmidhaeny e il barone belga Louis De Cartier Marchienne, accusati per le morti collegate all’amianto e per disastro ambientale doloso, a causa dell’inosservanza delle norme sulla sicurezza. «Bagnoli ha versato un tributo altissimo, più di 400 sono le vittime dell’amianto tra lavoratori deceduti (226) e gravemente ammalati (107) e familiari nel frattempo coinvolti», ha sottolineato in più occasioni Giovanni Sannino, segretario regionale della Fillea Cgil, anche lui ex dipendente dell’Eternit, in prima linea nel raggruppare le vittime e chiedere giustizia. Ma queste cifre, già così significative, è la tesi della Procura, si dimostrano ancora parziali. Per aggiungere i tasselli mancanti è scattata l’inchiesta bis. Dopo venticinque anni, la giustizia vuole essere più forte anche del suo ultimo avversario, lo scorrere del tempo.