Scomparsi dopo la chiusura della fabbrica, sono stati esclusi dalle indagini. L’appello di Guariniello

Caso Eternit, si cercano 250 operai

Contaminazione da amianto. La procuta di Torino avvia un'inchiesta-bis
12 febbraio 2010 - Maria Pirro
Fonte: Il Mattino

Mettersi sulle tracce degli ex operai dell’Eternit di Bagnoli, la fabbrica dismessa venticinque anni fa, può sembrare un’impresa senza senso. Invece un senso c’è eccome, quando le tracce portano a un’inchiesta-bis sulle morti d’amianto avviata dalla Procura di Torino. E quando quest’inchiesta punta a far valere diritti negati fino a oggi, è il monito lanciato da Massimo Menegozzo, consulente del procuratore vicario Raffaele Guariniello. Per risalire ai nomi e agli indirizzi degli operai «desaparecidos», Menegozzo ha lanciato pubblicamente un appello a collaborare, rivolgendosi agli anziani abitanti del quartiere flegreo e alle altre tute blu oramai in pensione, nel corso di una assemblea organizzata a Cavalleggeri dalla Fillea Cgil. Sotto la lente degli investigatori ci sono i casi sfuggiti al processo in corso nella capitale piemontese: morti e ammalati che sono stati a contatto con l’amianto, la polvere assassina che si levava durante le lavorazioni nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale. Tra questi, quello di Bagnoli. Dove rimangono numerosi i cosiddetti «desaparecidos», i lavoratori scomparsi. Di loro si sono perse le tracce dopo la chiusura dell’impianto e, proprio perché non rintracciabili, esclusi a priori dalla prima fase dell’inchiesta. «Mancano all’appello almeno 250 lavoratori, nonostante le ricerche già portate avanti per tre anni», ha spiegato Menegozzo, e ha aggiunto: «Abbiamo consultato dodici libri di matricola della società, ottenuti attraverso rogatorie internazionali. Abbiamo richiesto informazioni a tanti Comuni. Ma non siamo riusciti a recuperare neanche i dati anagrafici di questi ex operai. Aiutateci a stabilire un contatto». Sembra un secolo fa, invece ne è passato solo un quarto dalla chiusura dello stabilimento Eternit più a Sud in Italia. E cosa rimane di quell’impresa: a Bagnoli non uno scheletro della possente archeologia industriale, demolita nel corso dei lavori di riqualificazione e bonifica della zona. Altre tracce restano: basta incontrare gli ex lavoratori che risiedono nel quartiere. Loro mostrano i segni: soffrono per esempio di patologie respiratorie correlate all’amianto, come l’asbestosi, oppure vivono nel terrore di essere colpiti da un tumore aggressivo e spia dell’amianto, come il mesotelioma. Dal 10 dicembre è iniziato il processo contro due responsabili della multinazionale: il miliardario svizzero Stephan Schmidhaeny e il barone belga Louis De Cartier Marchienne, accusati per le morti collegate all’amianto e per disastro ambientale doloso, a causa dell’inosservanza delle norme sulla sicurezza. «Bagnoli ha versato un tributo altissimo, più di 400 sono le vittime dell’amianto tra lavoratori deceduti (226) e gravemente ammalati (107) e familiari nel frattempo coinvolti», ha sottolineato in più occasioni Giovanni Sannino, segretario regionale della Fillea Cgil, anche lui ex dipendente dell’Eternit, in prima linea nel raggruppare le vittime e chiedere giustizia. Ma queste cifre, già così significative, è la tesi della Procura, si dimostrano ancora parziali. Per aggiungere i tasselli mancanti è scattata l’inchiesta bis. Dopo venticinque anni, la giustizia vuole essere più forte anche del suo ultimo avversario, lo scorrere del tempo.

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