Cava Iovino, ora è caccia ai rifiuti tossici
SARNO. La cava sequestrata dai carabinieri a Foce, in via Muro d'Arce, aveva una doppia funzione: una estrattiva, l'altra di smaltimento illegale di rifiuti. Dopo il sequestro dell’altro giorno ora le indagini proseguono per capire se, nel sottosuolo, possano essevi rifiuti tossici che rientrano nel giro del malaffare della’impresa camorra Spa. Già sottoposta a sequestro il 7 gennaio di quest'anno, la cava era stata difatti trasformata in discarica abusiva. L'operazione dei militari dell'Arma di Nola e di Sarno, ha portato al sequestro di beni per 5 milioni di euro. Dopo meticolose verifiche effettuate nella cava, gestita da una società a responsabilità limitata, la Indemar di Mercato San Severino, e di proprietà di un'altra società, l'Ipa, i carabinieri hanno denunciato a piede libero Antonio Iovino, 46enne di San Gennaro Vesuviano, titolare appunto dell'Ipa, società proprietaria della cava. L'uomo è sorvegliato speciale ed è già noto alle forze dell'ordine perché ritenuto legato al clan camorristico Fabbrocino. Con lui sono stati denunciati Emilio Fattoruso, 50enne di Angri ma residente ad Ottaviano, amministratore e socio della società gestrice della cava Indemar srl, e un 37enne di Sarno, Umberto Ingenito, amministratore e socio della stessa società. I tre sono accusati di una serie di gravi violazioni ambientali e di illecito smaltimento di rifiuti. I militari dell'Arma hanno rinvenuto rifiuti speciali pericolosi (materiale di risulta di demolizioni edili e fresato di asfalto nonché vari materiali a base bituminosa, ferrosa e di gomma che erano stati miscelati al terreno vegetale), che venivano poi utilizzati per la costruzione di una strada nel Nolano. La cava di Foce non rappresenta l'unico caso di attentato all'ambiente gestito dalla camorra-impresa. All'inizio di via Bracigliano, gli scempi e il degrado avvengono in un contesto di autentica anarchia. La camorra-impresa ha sbancato una montagna per far posto nell'ex cava Renzullo a una vera e propria speculazione edilizia. Sono gli stessi personaggi promotori di una grossa operazione immobiliare riguardante un vecchio manufatto ristrutturato nella zona di Rivo Cerola. Fino a trent'anni fa il territorio di Sarno aveva preservato un paesaggio rurale con tratti assai peculiari e di grande bellezza. Oggi, purtroppo, è devastato dall'abusivismo edilizio e da uno sviluppo residenziale e commerciale caotico. In alcuni casi si assiste alla deprimente immagine di scheletri di cemento che si moltiplicano nel loro numero ad ogni chilometro percorso. Basta guardare a caso, su in collina, lungo la strada, sul fianco della montagna in posizione panoramica:sono dovunque, alcuni anche con la scritta "in vendita". La terra dell'acqua rappresenta oggi un vero e proprio "manuale" del degrado paesaggistico. Un territorio un tempo meraviglioso e commovente, e oggi ridotto ad un mosaico di mediocrità edilizia ed ecomostri. In alcune zone non si può nemmeno più parlare di "paesaggio", poiché ciò che c'era prima è stato sostituito da qualcosa ancora "inclassificabile". Negli ultimi tempi si parla di rilancio del turismo. Nonostante il degrado, il territorio di Sarno, oltre alla rinomata acqua, conserva monumenti e un centro storico magnifico. Ma è il territorio nel suo complesso ad apparire impreparato per un turismo culturale ed ambientale. Il caso vergognoso di San Matteo, splendido villaggio medievale, borgo dall'immenso potenziale turistico e tuttavia da decenni deturpato, è un po' il simbolo dell'incapacità della città di gestire i propri beni culturali e ambientali. Operare oggi un restauro paesaggistico che allo stesso tempo sia accompagnato da un serio progetto di salvaguardia e valorizzazione del cospicuo patrimonio dell'edilizia rurale storica, avrebbe un grande valore simbolico per il riscatto dell'intero territorio sarnese.