"Nassuno paga, il Cosmari chiude"
Caputo: "Ora i commissari"
Allarme rosso: la condizione finanziaria del Cosmari Av1 è drammatica. Quasi dieci milioni, esattamente 9.612.647,83 euro di crediti vantati rappresentano un onere troppo gravoso per l’attività dell’ente e della compartecipata Asa. La situazione è ormai insostenibile e il presidente Antonio Caputo - che nei giorni scorsi aveva accettato l’invito dell’assemblea dei sindaci a proseguire nella gestione del consorzio - lancia un appello al Prefetto e ai vertici di Provincia e «IrpiniAmbiente». Chiede «la convocazione degli amministratori locali interessati a debiti rilevanti, cui deve far seguito, nel quadro delle autonome valutazioni, la nomina di commissari ad acta qualora non si riesca a conseguire, in tempi rapidi, il rientro di almeno una parte del credito vantato». Ma Caputo va anche oltre e annuncia una nuova convocazione dell’assemblea dei sindaci per la riproposizione dello scioglimento del Cosmari. Una nuova iniziativa forte per tentare di dare ossigeno alle casse: gli appelli degli ultimi mesi sono tutti caduti nel vuoto e alcuni comuni non pagano nemmeno le rate del piano di rientro concordato. Di qui - per la seconda volta nel giro di pochi giorni - Caputo chiede alle autorità di attivarsi per mettere in campo un incisivo intervento, anche attraverso la nomina di commissari ad acta. Un’extrema ratio cui il presidente del consorzio ha sempre annunciato di non voler ricorrere. Vi si è trovato quasi costretto e, ora, la invoca a gran voce attraverso una lettera a Ennio Blasco, a Cosimo Sibilia e Domenico Gambacorta, a Francesco Russo, ai sindaci e alle organizzazioni di categoria. «Solo il senso di responsabilità - evidenzia - ha finora consentito di calmierare le tensioni sociali e sindacali derivanti dal mancato pagamento delle prestazioni di servizio alla nostra partecipata, dall’indisponibilità ad assicurare - nelle more dell’intervento di ”IrpiniAmbiente” - la copertura di spesa del personale del Cosmari e dalla magra figura nell’esasperare il rapporto con ditte terze, con noi contrattualizzate, che vantano crediti ingenti». La situazione è ormai esasperata, tanto da far immaginare a Caputo un ritorno in assemblea per «lo scioglimento del Cosmari - non essendo certo aggrappato ad una poltrona - se questo possa servire ad un nuovo responsabile percorso». Il presidente - rammaricato per l’atteggiamento e la sordità dei colleghi amministratori cui «spesso ho rivolto un accorato invito personale, richiamando la responsabilità istituzionale a fronte dei mancati pagamenti e delle conseguenze nefast»" - allega alla missiva l’elenco dei comuni del consorzio e del vallo Lauro - che afferiscono al Cosmari per gli oneri di smaltimento - con l’ammontare dei rispettivi debiti. Numerosi i centri che sono debitori di cifre considerevoli, ovviamente rapportate alla spesa annua dei singoli enti. Si va dai circa 2milioni e 900mila euro dovuti dal Comune di Solofra ai 43mila euro di Venticano, passando per il milione e 850mila euro di Atripalda, i 790mila euro di Monteforte, 420mila di Mercogliano, 380mila di Manocalzati, 210mila di Prata, 190mila di Montefalcione, 160mila di Summonte, 137mila di Forino, 120mila di Santo Stefano del Sole, 97mila di Contrada, 90mila di Montemiletto, 88mila di Sant'Angelo a Scala, 84mila di Pietrastornina, 82mila di Pratola Serra, 76mila di Serino, 70mila di Montoro Superiore, 48mila di Pietradefusi, 50mila di San Potito Ultra, Santa Paolina e Pietradefusi. Ci sono anche comuni virtuosi che non hanno alcun debito o minimi ritardi per poche centinaia di euro. Discorso a parte merita, infine, la città capoluogo. Il debito di Avellino ammonta a poco meno di un milione e mezzo di euro, oneri afferenti esclusivamente allo smaltimento. Una cifra non troppo rilevante rispetto ai circa 7milioni di spesa annua. «Il capoluogo - aggiunge il presidente Caputo - è uno dei Comuni puntuali nel pagamento delle quote dovute. La rigorosità degli amministratori di Avellino ci consente di evitare affanni nel pagamento degli stipendi ai dipendenti Asa: il debito maturato è rapportabile, in proporzione, ai diecimila euro di un piccolo Comune».