"Accordi di pianterottolo", Romano lascia Asa e Pd
Una nuova bufera all’Asa. Sarebbe dovuto essere il giorno del ritorno di Angelo Romano alla guida della società e invece potrebbe essere stato quello del tutti a casa. Proprio quando il cerchio sembrava quadrare e tutto in procinto di tornare a posto, nel giro di qualche ora il quadro si ribalta. Con il risultato che Angelo Romano - incassata la fiducia del consiglio di amministrazione che vota all’unanimità il suo rientro - rifiuta l’invito a tornare al vertice dell’Asa. E riceve la solidarietà del numero uno del Cosmari, Antonio Caputo: «Condivido la sua decisione». Il dettaglio imponderabile che fa saltare il banco è rappresentato dall’ennesima mossa a sorpresa della parte privata e del suo rappresentante in consiglio di amministrazione. Avallata dal vice presidente Fernando D’Amore. Accade tutto in pochi minuti. Archiviata la cooptazione di Romano - unico argomento all’ordine del giorno del consiglio di amministrazione - il presidente del Cosmari, Caputo, lascia l’Asa convinto di aver messo una pezza. La riunione, invece, va avanti a sorpresa e su proposta della Chiusolo, il cda vota di affidare al vice presidente la delega a condurre la trattativa per definire il contratto di fitto e il subentro nella nuova sede. La struttura è quella della Irm, di proprietà del gruppo Pescatore. Nonostante le polemiche degli ultimi giorni per i tentativi della parte privata di forzare la mano, il consiglio vota e approva la proposta. Il presidente dimissionario evidenzia un problema tutto di natura politica e attacca una certa componente del suo Pd. «L’opera nobile di costruzione di un partito e di una nuova classe dirigente, portata avanti dal segretario del Pd - evidenzia - viene vanificata dall’azione di figuri collaterali che - talvolta manifestando ostilità, altre volte avendo a riferimento interessi personalistici ed altre volte ancora essendo avvezzi ad ”accordi di pianerottolo” - determinano, lontano dalle stanze degli apparati, la vera linea politica e di gestione del Partito democratico in Irpinia». Romano ha parole di apprezzamento, di elogio e di stima per Caterina Lengua, Lello De Stefano e pochi altri. Per questo sceglie di abbandonare anche il partito: «Il rigore morale, il curriculum di amministratore della città e la mia più intima convinzione non mi consentono di essere organico a dinamiche lontane dalla mia forma mentis di amministratore». Ribadisce che «l’attività amministrativa e politica sono finite laddove erano cominciate, a Palazzo di Città». Quasi a voler convincere se stesso e gli altri che nulla è cambiato rispetto all’appuntamento della conferenza dei capigruppo. Qualcosa, invece, sembrava essere cambiato e Romano pareva quasi convinto - dalle numerose sollecitazioni di natura politica ed istituzionale - a tornare sui suoi passi. Lo avrebbe fatto, soprattutto - ha confidato ai suoi più stretti collaboratori - perché «un comandante non abbandona mai il suo equipaggio nel momento di difficoltà più alto». Per lui sarebbe stato «un enorme sacrificio». Poi, a margine del consiglio di amministrazione, l’ennesimo scontro lo convince che, nonostante impegni e rassicurazioni, nulla è diverso dal giorno del suo addio. Così, conferma che «non sussistono le condizioni politiche, ambientali e giuridiche per continuare il mio impegno alla guida della società». Il gruppo Pescatore, dopo il tentativo con una parte del personale, prova a trasferire all’Asa anche la propria sede. Un’ipotesi già valutata e presa in esame, ma accantonata in attesa della definizione di tempi e modalità del trasferimento di competenze e contratti al nuovo soggetto provinciale. Il coupe de theatre rappresenta, per Romano, l’ennesimo schiaffo alla sua moralità e al suo modo di essere e amministrare. Di fronte a quest’ennesima sorpresa, il presidente si tira fuori. Questa volta non è necessario aspettare per ottenere una presa di posizione forte a suo sostegno. Arriva, a stretto giro, da Caputo che si dice «deluso» non solo per il provvedimento, ma anche perché «ho seguito per tre ore i lavori del consiglio di amministrazione e non sono stato informato dell’appendice andata in scena in mia assenza». «Condivido - ammette - la scelta di Romano: non può accettare se già condizionato a trattare determinati argomenti. Questo è lesivo del prestigio del presidente. Rappresenta un ulteriore tassello negativo per l’Asa e per il percorso verso il corretto funzionamento del ciclo integrato in provincia in un momento di grande incertezza legislativa». Quanto deliberato a margine del cda potrebbe rappresentare il punto di partenza di un nuovo corso. Caputo, infatti, non nasconde la sua rabbia: «Mi riservo di prendere decisioni nell’interesse dell’Asa e dei comuni che rappresento».