Tarsu troppo cara, il comune rifà i conti
Basta alla finanza derivata, i famosi swap finiti sotto accusa dalla Corte dei Conti, e massima attenzione per mettere mano alla Tarsu e abbassarla. Il Comune prepara il bilancio preventivo - la finanziaria che accompagnerà il sindaco Rosa Russo Iervolino nel suo ultimo anno di mandato - e in qualche modo rivede le scelte del passato. Cominciamo proprio dalla Tarsu, che l’ex assessore Riccardo Relafonzo ha aumentato del 60 per cento. Ben prima che il governo mettesse in campo il decreto di Natale che potrebbe portare alla provincializzazione della gestione dei rifiuti e di conseguenza togliere ai Comuni la gabella. Il decreto sarà legge entro la fine di febbraio e il punto più caldo è proprio la Tarsu. Se dovesse rimanere in quota ai municipi uno spiraglio perché a Napoli venga ribassata c’è. «Siamo pronti - conferma Michele Saggese, assessore alle Risorse strategiche - se cambia il decreto passeremo alla tariffa che verrà pagata in base anche al reddito. Un risparmio del 20 per cento per le famiglie? E chi dice che non possa essere di più? Certamente pagheranno di meno le famiglie medie, quelle di 4-5 persone». Il riequilibrio della Tarsu è attesissimo dai napoletani e anche in Comune. E non passa solo per il Parlamento ma anche per via Scarfoglio, dove ha sede l’Asìa: «Diminuire i costi dell’azienda per la raccolta dei rifiuti è necessario e ci stiamo lavorando; è propedeutico al taglio della Tarsu» fanno sapere da Palazzo San Giacomo. Insomma una scommessa che in tanti sperano di vincere. Gli swap, la finanza derivata, sono l’altra parte del bilancio preventivo dove il Comune intende rivedere le scelte del passato. Intanto chiariamo cosa è uno swap. Nella sostanza il Comune nel 2004, con l’allora assessore al bilancio Enrico Cardillo mise sul mercato finanziario 959 milioni di euro, frutto di mutui contratti per opere pubbliche mai realizzate sui quali pagava interessi per circa 60 milioni di euro l’anno. Lo swap è lo scambio di flussi di cassa corrispondenti agli interessi calcolati su un capitale di riferimento (il miliardo di euro di debiti). Ogni contraente procede a versare all’altro il differenziale esistente fra i valori assunti dalle reciproche obbligazioni, alla luce dei tassi vigenti sui mercati. Naturalmente la scommessa è tutta sulla flessibilità dei tassi: al rialzo per le imprese, al ribasso per il Comune. Al Comune fino a oggi è andata meno male che ad altri Comuni, riuscendo a ricavare dagli swap 15 milioni di euro. Il piano di ammortamento del Comune è stato così strutturato: la riduzione del tasso fisso del 6,16 per cento al 4,50 per cento fino al 31 dicembre 2004; del 5,15 per cento fino al dicembre del 2005 e del 5,40 per cento fino al 31 dicembre del 2006. E dopo? Dal 31 dicembre del 2006 al 31 dicembre del 2024 il tasso ha un un campo di oscillazione entro un tetto minimo del 3,75 per cento e uno massimo del 6,5 per cento. Perché allora il passo indietro, e dire no agli swap? Il costo del denaro oggi è il più basso degli ultimi 50 anni, così Palazzo San Giacomo ha deciso di mollare gli swap e tornare al vecchio tasso fisso che non avrà oscillazioni. Quindi zero rischi. «Per me - sottolinea Saggese - la finanza derivata non la devono fare i Comuni anche se il nostro alla fine ci ha guadagnato». Dal 2004 il Comune ha riscattato 450 milioni del capitale iniziale. Gli swap attivi sono 650 milioni, l’operazione che ha effettuato Saggese è su 100 milioni, così la massa finanziaria sul mercato è scesa a 550 milioni. E qui vengono i dolori perché scadranno fra un paio di anni e non è possibile la rinegoziazione prima di allora. Il rischio concreto è che i costi dell’operazione di finanza derivata cominciata nel 2004 ricadranno sui posteri che si vedranno accollato un debito di cui non hanno colpe.