Maddaloni Per frenare l’inquinamento si punta a bloccare i gas prodotti dai rifiuti

Ambiente, stop alla fumarole

Avanti il progetto di copertura in sicurezza dell'ex Masseria Monti
26 gennaio 2010 - Giuseppe Miretto
Fonte: Il Mattino Caserta

Fumarole all'ex Masseria Monti Maddaloni. Ci sarà un nuovo seppellimento temporaneo del «cimitero dei veleni». Si procede secondo una scala di priorità. Primo: urge fermare l'immissione in atmosfera di inquinanti tossici che bersagliano le aree abitate e gli opifici dislocati lungo l'ex-statale 265. E grazie alla ricaduta al suolo, il tossico benzene, associato a toluene, etil-benzene e xileni, minaccia le narici e pure le colture circostanti. Siamo all'epilogo: deciderà la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere come e quando dovranno essere chiuse le fumarole apertesi nelle copertura dell'area di cava della Masseria Monti. Intanto, il comando provinciale dei vigili del fuoco ha completato l'ispezione sul sito, la valutazione del «primo piano di messa in sicurezza», il grado dei rischi connessi all'operazione di isolamento dei fusti di rifiuti sepolti e le conseguenze geostatiche del confinamento delle vie di fuga degli inquinanti. Sembra che il rifacimento del «sarcofago di terra» si possa fare e che si tratti di un'operazione a rischio controllato. Deciderà comunque la magistratura sul futuro prossimo di un sito sottoposto, per ben tre volte, a sequestro giudiziario. La messa in posto di nuovo terreno vegetale ha un doppio obiettivo: chiudere le fumarole e fermare lo smottamento in atto delle coperture residue. Ferve l'attesa. «Siamo fiduciosi - commenta il vicesindaco facente funzione Salvatore Liccardo - ma siamo anche irrequieti perché è da tre mesi che abbiamo lanciato l'allarme. E da tre mesi che aspettiamo l'autorizzazione ad intervenire». È questo il tono di lettere di sollecitazioni che hanno circolato negli ultimi giorni tra il Comune, la Prefettura (che ha invocato «immediate misure di messa in sicurezza dell'area») e la Procura. Il «seppellimento in sicurezza» è un'operazione che scatena l'opposizione dei comitati civici. «I veleni - dice Antonio Cuomo, presidente del comitato per la vivibilità - vanno rimossi. Occultarli non serve visto che gli inquinanti comunque sono riemersi nonostante le coperture». Liccardo anticipa così il futuro piano di messa in sicurezza. «Ricoprire - spiega - i fusti in ebollizione non significa tombare il sito. Sia chiaro ci opporremo all'ipotesi del semplice confinamento controllato degli inquinanti». Fermare le fumarole serve solo ad avviare con serenità il «lungo percorso amministrativo di avvio alla bonifica». Un percorso (caratterizzazione, messa in sicurezza e rimozione) che non si riesce, da due anni, a concludere per la limitrofa ex-discarica urbana dell'ex-foro Boario. E questo è solo l'inquinamento dell'aria. Più complessa è la gestione della contaminazione delle matrici ambientali come suolo e acqua. «L'ex cava Masseria Monti - ricorda Carlo Scalera, coordinatore cittadino dei Verdi - ha inghiottito ogni sorta di veleni. Non va dimenticato che il sito è stato utilizzato, fin dalla sua prima attivazione, come discarica, prima autorizzata e poi chiusa, di batterie esauste. Esiste quindi un inquinamento diffuso e profondo di metalli pesanti che è difficile da arginare, perimetrare e confinare». Unico dato esistente è quello fornito dall'Arpac. Un campionamento puntiforme di terreno ha evidenziati che «il terreno, adibito ad uso agricolo, presenta concentrazioni di Cadmio pari ad oltre 100 volte il limite ammesso per i siti ad uso verde pubblico». Troppo poco. «Serve - conclude Scalera - una mappatura areale del grado di contaminazione reale dei terreni agricoli ubicati nel triangolo ex-statale 265, variante Anas Maddaloni-Capua, San Marco Evangelista». Verifica che cozzerebbe con lo sfruttamento agricolo dell'area. Una campagna di rilevamento della contaminazione, quella presunta e quella reale, implicherebbe che i raccolti agricoli, entro un raggio di oltre un chilometro, sono a rischio potenziale. «Sull'inquinamento dell'acqua - commenta Lino Martone, segretario provinciale di Altra agricoltura - e quindi della falda, anche a Maddaloni si ripete la solita storia. Dopo i proclami allarmistici sull' inquinamento diffuso segue sempre un nulla di fatto.

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