Rottamazioni-truffa, quindici arresti
NAPOLI La campagna pubblicitaria martellante su radio e tiv private ne dava un'immagine simpatica ed efficiente. Dalle indagini dei carabinieri del Noe, invece, è emerso che la Cartofer di Arzano (e la Delfran di Caivano, altra società che fa capo alla stessa famiglia), dietro il paravento della rottamazione di veicoli, avevano impiantato un traffico di rifiuti pericolosi che attraversava l'Italia da Sud a Nord. Ad Arzano gli automezzi venivano schiacciati senza essere prima privati di batterie, dischi dei freni, gomme e marmitte; quindi, ridotti in cubi e ancora pieni di sostanze tossiche, venivano inviati in Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia per essere fusi e riutilizzati. A Caivano, invece, era stato impiantato un mulino nel quale venivano triturati, abusivamente e senza alcuna precauzione, metalli di ogni tipo: bombole di gas e di ossigeno, elettrodomestici, addirittura contenitori di vernice.
A rendere pi grave tutto questo, il fatto che gli impianti abbiano funzionato per mesi nonostante la revoca dell'autorizzazione per la mancanza del certificato antimafia (nuovamente ottenuto due mesi fa).
Ieri, infine, il blitz: quindici le persone arrestate con le accuse di associazione a delinquere e traffico di rifiuti, di cui sette in carcere e otto ai domiciliari; sei quelle con l'obbligo di dimora. Sono state sequestrate inoltre imprese per un valore di 450 milioni di euro. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Maria Gabriella Pepe su richiesta del pm Federico Bisceglia. Il gip ha disposto il carcere per i sei fratelli Del Prete, titolari delle due aziende, e per il direttore tecnico Deho Maselli, ingegnere; tra le persone ai domiciliari, anche un legale, l'avvocato Alessandro Di Pietro, accusato di avere aiutato i Del Prete ad aggirare la legge costituendo società di volta in volta diverse, tutte dedite al traffico di rifiuti.
Le indagini sono dei carabinieri del Noe, il nucleo operativo ecologico, coordinati dal maggiore Giovanni Caturano. Indagini, peraltro, accuratissime: oltre alle intercettazioni telefoniche, sono state realizzate riprese filmate anche aeree, mentre i camion utilizzati per il trasporto delle auto schiacciate sono stati seguiti attraverso l'Italia grazie ad impianti gps.
La rottamazione dei veicoli veniva eseguita in maniera sommaria per risparmiare sui costi: eppure, la Cartofer riceveva i contributi statali per ritirare le auto e smaltirle. Analogamente, la Delfran triturava grossolanamente oggetti di ogni tipo. Nelle fornaci del Nord Italia arrivava di tutto e i titolari se ne lamentavano con i fratelli Del Prete, soprattutto con Giovanni, ritenuto dagli investiga tori il leader del gruppo.
Avvertiva il 25 maggio 2006 uno dei responsabili della Iro, Acciaierie industriali riunite orolesi: «Ruote delle ruspe, bombole e rulli non devono esserci, perché il rischio è enorme... Quella roba lì dev'essere tagliata». Il giorno dopo, altro problema nella lavorazione e altra telefonata, sempre a Giovanni Del Prete: «Mi fai ammazzare la gente, dai!». Il 5 giugno Giovanni parlava con il fratello Giuseppe di un carico di «proler», cioè di ferro triturato proveniente dal mulino: «Bisogna fare tre viaggi di proler per la Valsabbia, per mi devi prendere il meglio che ci sta... che poi tutta a munne... la roba più bruttulilla la mandiamo all'Alfa Acciai».
In questo modo, accusano i magistrati, i fratelli Del Prete erano riusciti a diventare ricchissimi e molto potenti. Infastiditi dai continui controlli del Noe, come si evince dalle intercettazioni, ma certi di superarli senza troppi problemi. Parlando il 19 ottobre 2006 con il titolare della Siderurgica di Udine, dove finivano le auto rottamate alla meglio, così si vantava Giovanni Del Prete: «Perché vogliamo aprire un altro cantiere per dare dimostrazione che siamo ancora più forti di prima e praticamente per metterci Napoli ai nostri piedi... voglio acquistare una pressa, perché vogliamo aprire anche l'altro cantiere di Caivano. Anche lì aprire alla minuta e alla spicciolata, praticamente».
C'erano problemi con la normativa antimafia: uno dei fratelli è sposato con una parente dei Moccia di Afragola e per circa tre anni l'autorizzazione a svolgere l'attività di rottamazione è stata revocata. C'erano inoltre problemi legati al piano regolatore di Caivano, che impedivano ai Del Prete di allargarsi quanto avrebbero voluto. Per appianarhi, o tentare di appianarhi, si cercavano contatti in Prefettura, in Questura, al Comune. I titolari della Cartofer, come si evince dalle telefonate, hanno cercato in tutti i modi di avvicinare funzionari prefettizi e di polizia per evitare la tegola dell'antimatia. Quanto al Comune di Caivano, il sindaco è stato affrontato a muso duro e minacciato. Riferiva il 9 marzo 2006 Delio Maselli a Giovanni Del Prete: «Io ho ho detto, non mi faccia arrivare a fare cose che non vogliamo fare, gliel'ho detto proprio. Dammi tempo che domani viene e io ti faccio sapere». Ottimi, invece, i rapporti tra Maselli e un funzionario dell'ufficio tecnico. Proprio i contatti tra l'entourage dei Del Prete e gli appartenenti alla pubblica amministrazione intendono ora approfondire gli investigatori.