Altra accusa di camorra per Cosentino
NAPOLI. C'è anche l'aggravante dell'articolo 7 nelle nuove accuse contestate al sottosegretario all'Economia e cooordinatore del Pdl campano Nicola Cosentino. I pm Giuseppe Narducci ed Alessandro Milita hanno infatti chiesto un altro arresto per il parlamentare, nell'ambito dell'inchiesta sull'imprenditore in odore di camorra Cipriano Chianese, titolare della discarica Resit di Giugliano. Ma il gip Raffaele Piccirillo ha concesso i domiciliari per il solo Chianese, e ha detto invece no alla detenzione cautelare per Cosentino e per altri cinque indagati, tra i quali l'ex subcommissario all'emergenza rifiuti Giulio Facchi e il dirigente regionale della Protezione civile Bruno Orrico. L'accusa per Cosentino è di essere il «primo mandante)) di una corruzione da parte di Giuseppe Valente (ex presidente del Consorzio Rifiuti Ce4) nei confronti di Giulio Facchi in vantaggio di Chianese e di Sergio Orsi, all'epoca titolare del Consorzio Eco4: «Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare gli interessi del dan dei Casalesi». Un'ipotesi che per viene ritenuta non sussistente da parte del gip La ricostruzione della vicenda è com plessa e si fonda su intercettazioni e verbali di interrogatorio dello stesso Valente già contenute nell'ordinanza di arresto nei confronti di Cosentino del 7 novembre scorso. Secondo la Direzione antimafia Cosentino sarebbe stato mandante e determinatore di una presunta azione corruttiva compiuta da Giuseppe Valente, titolare del consorzio Impregeco. Facchi si sarebbe posto a disposizione di Valente, Cosentino e Orsi, accettando di essere retribuito da Valente mediante la promessa di riconoscere i debiti del consorzio Impregeco nei confronti della Resit di Chianese.
Si tratterebbe di debiti inesistenti perché formati attraverso false fatturazioni. Facchi, dal canto suo, si sarebbe impegnato a favorire Valente (legato a doppio filo al parlamentare del Pdl), autorizzando, tra laltro, il progetto esecutivo per la riqualificazione ambientale della cava in località Torrione-Lo Uttaro. Per la Procura, non solo i debiti riconosciuti da Impregeco alla Resit erano inesistenti e fondati su delle frodi, ma anche l'ordinanza posta in essere da Facchi (con la complicità dei funzionari Bruno Orrico e Claudio Di Blasio) per ricompensare Valente, consentendo l'apertura della cava di Lo Uttaro, era illecita. Facchi non avrebbe avuto nemmeno i poteri per firmarla. Tuttavia, il gip Piccirillo sostiene il contrario. Primo, i pagamenti ordinati da Facchi a Valente in favore di Chianese potrebbero essere stati determinati dall'esigenza di assicurare la continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti in un periodo (il 2002) particolarmente caldo. E non tutti quei pagamenti erano frutto di frode. Secondo, è certo che Cosentino, Orsi e Orrico avessero «un forte interesse» per la realizzazione della discarica di Lo Uttaro, ed è certo che c'era una «superprotezione politica garantita da Cosentino» all'operazione. Ma non è provato che i tre fossero consapevoli dell'accordo di scambio tra l'ordinanza e i pagamenti in favore di Chianese, aooordo ohe intercorse solo tra Facchi e Valente. E nemmeno è certo che i tre potesssero sapere che quei pagamenti erano parzialmente originati da comportamenti fraudolenti del Chianese. A carico di Cosentino, Orsi e Orrico, scrive il gip, «non c'è un adeguato conforto indiziario» per poter disporre l'arresto: ma i tre restano indagati assieme agli altri e potrebbero dunque finire ugualmente sotto processo.