"Ecco di chi è la colpa del degrado"
E la vigilanza che è mancata
Maddaloni. A ciascuno il suo. È scontro aperto tra istituzioni sulle responsabilità per l'omesso controllo delle fonti locali di inquinamento persistente e dei siti contaminati. Il Comune apre gli archivi. E la sorpresa è amarissima. La lista delle aree a rischio è molto più lunga delle zone di accumulo dei rifiuti che, su proposta del ministro Maroni e con la firma del Presidente della Repubblica, hanno portato alla rimozione del sindaco Farina. Scontata la reazione rabbiosa. Così, Salvatore Liccardo, vice-sindaco facente funzione, è in vena di denunce: «I maddalonesi sappiano. La presenza di sostanze inquinati persistenti sul nostro territorio ci induce a denunciare l'omissione prolungata degli interventi istituzionali di bonifica, di controllo e vigilanza ambientale». Non sarebbe un chiamata di correo ma una denuncia «delle inerzie istituzionali nella gestione di serie problematiche ambientali». Lo scontro è con l'ex-struttura commissariale all'emergenza rifiuti, con la Regione e con la Prefettura. Si comincia dalle ricadute ambientali certificate del termovalorizzatore. Domani, l'assessore regionale all'ambiente Walter Ganapini affronterà ufficialmente «la questione del mancato indennizzo per i danni ambientali collegati all'attivazione dell'impianto di Acerra in località Pantano». «Maddaloni - spiega Liccardo- il centro abitato più vicino all'impianto è stato stranamente escluso dai provvedimenti di ristoro ambientale». Oltre al recupero del tempo perduto, la richiesta è inserire, anche un «tecnico-medico nominato dal Comune nell'osservatorio ambientale che vigila sul termovalorizzatore». Questo non ferma la polemica. «È dal luglio 2009 - dice Liccardo - che attendiamo invano una risposta dal Commissariato di Governo su una questione tanto delicata». Poi tocca alle «bombe ecologiche» ancora fuori controllo. Il secondo contenzioso coinvolge persino la Procura della Repubblica. Emanata un'ordinanza restrittiva di «accesso, utilizzo e produzione agricola» sui terreni, adiacenti alla Masseria Monti (sito sotto sequestro), sui quali già è stata certificata dall'Arpac la contaminazione dei suoli. Nella guerra a tutto campo non poteva mancare l'ex-Foro Boario: l'ex-discarica urbana con le sue 4500 tonnellate di rifiuti in autocombustione. I materiali sepolti, ormai classificati rifiuti non speciali assimilabili a rifiuti solidi urbani, possono essere smaltiti nelle discariche regionali. Da qui la richiesta perentoria di «avviare il piano di svuotamento promesso ufficialmente nel dicembre 2007». Potrebbe toccare all'esercito la gestione finale dell'azione di rimozione delle masse sepolte, dopo la revoca dell'appalto alla Recam prima e alla Jacorossi poi.