"Nessuna guerra, ma la Tarsu resti ai Comuni"
Nessuna linea dura. Gli amministratori irpini mantengono una posizione diversificata sul passaggio di competenze nella gestione dei rifiuti. Anche se tutti fanno emergere la necessità di modifiche al Decreto legge 195. Ma nessuno fa riferimento alla possibilità di contenziosi giuridico-amministrativi. «È evidente - spiega il vice sindaco di Avellino, Gianluca Festa - l’anomalia normativa. Il decreto contrasta con la legge 507 del ’93, la quale indica che spetta al Comune stabilire imposizione e riscossione della Tarsu. Questo tipo di attività di imposizione e riscossione alimenta, invece, altre anomalie. L’affidamento in house dell’incasso a una società pubblica, infatti, impone che questa svolga attività prevalente per il Comune e che l’ente effettui il controllo analogo». Il vice sindaco con l’assessore al Bilancio, Guido D’Avanzo, illustreranno la posizione dell’amministrazione cittadina all’assemblea regionale dell’Anci di domani pomeriggio presso il Maschio Angioino. Le preoccupazioni per i mancati introiti della Tarsu sono condivise dal sindaco di Aiello del Sabato Antonio Caputo, ancora presidente del Cosmari Av1: «La Tarsu consente ai Comuni anche spese per servizi afferenti al ciclo integrato. La perdita completa del ruolo aumenta la destabilizzazione finanziaria. È, dunque, necessario prevedere un ristoro alle amministrazioni per tutte le attività collegate alla partita dei rifiuti». Al contrario, il presidente è fiducioso rispetto all’affidamento della gestione alle province: «Tutte le questioni che attengono a passaggi importanti hanno bisogno di essere assorbite. La fretta derivante dalla ritardata pubblicazione del decreto non ha aiutato, ma resto convinto che un servizio omogeneo in tutta la provincia possa funzionare meglio». Più cauto il sindaco di Mirabella Vincenzo Sirignano, presidente del Cosmari Av2. «Dobbiamo rispettare - dice - le regole che, oggi, sono espresse dal decreto 195. Se e quando verrà modificato, assumeremo comportamenti e decisioni diverse. In questa fase dobbiamo sforzarci tutti a dare una mano ed essere costruttivi, senza alimentare preoccupazioni che pure esistono. Corriamo il rischio, diversamente, di paralizzare il sistema». Prevale - come aveva auspicato l’assessore Domenico Gambacorta - la linea morbida del confronto e del dialogo. Con qualche eccezione. Il sindaco di Grottaminarda, Giovanni Ianniciello, infatti, non manca di lanciare stilettate verso la Provincia: «Si è discusso più di gestione che di servizi. Come si può immaginare di programmare le attività senza un piano industriale? Come affronteremo lo smaltimento dopo Savignano? L’attuale organizzazione dei servizi, inoltre, danneggia i lavoratori perché non c’è garanzia nei pagamenti. Gambacorta farebbe bene a preoccuparsi di questi aspetti. L’assessore, inoltre, parla di dialogo e condivisione. Personalmente, da sindaco di uno dei centri che produce la maggiore quantità di rifiuti procapite, non ho mai ricevuto alcun invito. Come me molti altri colleghi». Critiche alla linea assunta, a livello regionale, da Anci e amministratori arrivano, invece, dal sindacato. «Il decreto - spiega Michele Caso della Cisl - ha il pregio di chiudere un ciclo e ha la forza di definire i binari su cui far scorrere il futuro dei rifiuti. Ci sono, però, troppi soggetti che lavorano contro, con motivazioni non sempre credibili. Tra questi l’Anci regionale, che corre il rischio di legittimare una fase di deresponsabilizzazione non più giustificabile. Ai Comuni verrà sottratta una fetta di introiti che, però, non sempre è stata finalizzata alla gestione dei rifiuti. Altrimenti non si spiegherebbe l’attuale forte indebitamento di numerosi enti. Nel frattempo, il servizio è stato comunque garantito, contro ogni logica di mercato. Oggi non è immaginabile risolvere le difficoltà finanziarie dei Comuni mantenendo in piedi un sistema anomalo».