Ferro e ingombranti, traffico illecito tra Campania e Calabria
Nome in codice dell’operazione «Acciaio sporco». Parte dalla Calabria, ma la Campania è al centro di un ciclo illegale di smaltimento di materiali ferrosi. A scoprirlo è stato il Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri di Catanzaro condotta con il coordinamento della Procura di Lamezia Terme. Gli indagati sono in tutto 166. Le indagini avrebbero permesso di documentare l’esistenza di una vera e propria organizzazione, finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali anche pericolosi, con un ruolo centrale svolto dall'impresa «Palmieri Francesco», dedita alla commercializzazione all'ingrosso di rottami ferrosi che invece è autorizzata alla «raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi». L’azienda provvedeva alla commercializzazione dei rifiuti verso imprese compiacenti individuate in Sicilia, Puglia, Basilicata e Campania. Intorno all’impresa gestita da Francesco Palmieri, sarebbe emersa l'esistenza di una fitta rete di conferitori di rifiuti speciali pericolosi e non: si tratta di 96 aziende, 7 enti pubblici e 21 soggetti privati. Si sarebbe trattato di un rete ramificata a livello regionale. Il reato contestato dall’accusa è l’illecita commercializzazione di rifiuti speciali attestandoli come non pericolosi. Un’attività che ha consentito agli indagati di raggiungere un duplice ingiusto profitto consistente nell’evitare gli oneri dovuti per legge circa il corretto avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti prodottio raccolti oltre a un cospicuo guadagno dovuto alla successiva commercializzazione del rifiuto per l’industria siderurgica. «Si tratta di un’attività redditizia, soprattutto per i volumi di traffico che abbiamo accertato e il numero delle persone coinvolte. Questo è l’aspetto più allarmante». Questo il commento del procuratore capo di Lamezia Terme, Salvatore Vitello, che ha evidenziato i risultati dell’operazione «Acciaio sporco». Quattro i milioni di chilogrammi di rifiuti pericolosi trattati, intercettati dai carabinieri del nucleo Tutela ambiente. Nel corso della conferenza stampa che si è svolta ieri il procuratore ha sottolineato l’importanza dell’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Domenico Galletta. «Un’attività illecita - ha aggiunto il procuratore - in maniera clamorosa che si atteggia ad attività tollerata, e questo si desume dall’alto numero di conferitori nell’azienda e nell'area che abbiamo sequestrato». Dei 168 indagati, infatti, oltre cento sono i privati interessati. «Un numero indicativo - ha affermato Vitello - rispetto al fatto che l’attività non viene percepita come illegale, quando invece lo è e in maniera clamorosa». I rifiuti intercettati grazie all’attività di indagine fatta attraverso appostamenti e pedinamenti, «fa capire come l’attività - ha dichiarato il procuratore - fosse al centro di un sistema e quanto questa attività fosse tollerata o vi fosse un atteggiamento di totale indifferenza. Non dimentichiamo che tra i conferitori vi erano anche sette comuni. Questo la dice lunga sulla necessità che su questi territori si acquisisca una condizione piena della legalità, soprattutto su queste cose. L’illegalità - secondo Vitello - è anche quella che si produce con la violenza sull’ambiente. Abbiamo operato su un’azienda già sequestrata per i medesimi fatti, dove le illegalità erano innumerevoli».