Resa dei conti dopo il disastro ambientale
Allo scopo di modificare il decreto-legge 195 l’Anci ha convocato per l’11 gennaio i sindaci della Campania. «Impensabile scaricare tutti i costi sui cittadini». Così annuncia il Mattino del 24 dicembre scoro sintetizzando l’iniziativa del presidente, Nino Daniele. Che spiegava: «Chiedono ai Comuni 350 milioni di euro - per capirci 700 miliardi di lire - per gli oneri arretrati. Addossarli ai comuni significa scaricare 14 anni di emergenza sui cittadini». Finalmente uno scatto di orgoglio dei loro veri rappresentanti. Le amministrazioni democraticamente elette, infatti, sono state spogliate ed «estromesse», come ha stigmatizzato il Consiglio di Stato, in barba al titolo V della Costituzione, dall’esercizio dalle loro competenze in materia di rifiuti. Il governo, infatti, per 15 anni le ha trasferite al suo Commissariato e alle sue imprese appaltatrici. La loro gestione ha prodotto danni enormi alle popolazioni. Non si è mai visto che i derubati o i danneggiati, anziché essere ripagati dei danni subiti, debbano pure pagare. O peggio, in questo caso, a chi ha determinato il disastro. I danni causati dal Commissariato chi li ripaga? Altro che 350 milioni. Solo il comune di Giugliano da anni è invaso da 6 milioni di tonnellate di ecoballe. L’economia e l’immagine della regione distrutte. Senza contare l’attentato alla salute dei cittadini. Eppure Bertolaso fu spedito per la prima volta di corsa in Campania dal governo quale suo commissario allo scopo di contrastare «la grave compromissione dei diritti fondamentali della popolazione attualmente esposta al pericolo di epidemie e altri pregiudizi alla salute» (decreto legge 9/10/2006 n. 290). Che era l’ammissione da parte del governo che i suoi proconsoli avevano determinato il reato di disastro ambientale. Alla stampa Bertolaso ha obiettato che, se non pagassero i comuni campani, l’onere a essi richiesto ricadrebbe sulla comunità nazionale con le proteste che ne seguirebbero. Ma, ad aver malamente operato in tutti questi anni in Campania non è stato proprio il governo rappresentante della comunità nazionale? Ciò sarebbe stato di tutta evidenza - le inchieste servono a far chiarezza, le condanne sono solo eventuali - se per tempo la Procura della Repubblica avesse contestato al Commissariato e alle sue imprese il grave reato denunciato dallo stesso governo. Invece si è finora inspiegabilmente limitata a contestare reati minori, destinati a una probabile prescrizione. Senza ancora individuare i responsabili e rimproverare loro l’assai più grave delitto di disastro ambientale, punito, se con dolo eventuale, fino a 12 anni di reclusione. Un po’ come contestare la minaccia e non anche l’omicidio! A differenza dei falsi o abusi di ufficio, il reato di disastro ha, infatti, come parti lese i danneggiati. Nel nostro caso, proprio i comuni, le categorie interessate, in testa a tutti gli albergatori, e i cittadini. Questi - come avvenne per i processi dell’Icmesa di Seveso, del petrolchimico di Marghera o quello in questi giorni avanti al Tribunale di Torino promosso contro l’Eternit dal procuratore Guariniello per il disastro da amianto - sarebbero messi nella condizione di rivendicare, col conforto della pubblica accusa, il rimborso dei danni subiti. E sarebbe chiaro alla comunità nazionale che i cittadini campani, lungi dall’essere responsabili della catastrofe, ne sono stati le prime vittime.