La lettera

«Un disastro colpevolmente impunito»

11 dicembre 2009 - Raffaele Raimondi
Fonte: Il Mattino

A maggior presidio dell’ambiente - cui l’Onu ha dedicato in questi giorni la conferenza di Copenaghen - le Sezioni Unite della Cassazione, con una famosa sentenza, nel 2002 chiusero la vicenda di Seveso stabilendo che, in quel caso, la multinazionale svizzera Givaudan avrebbe dovuto risarcire a cittadini, imprese e comuni i danni causati dai tecnici del suo impianto Icmesa condannati per il reato di disastro ambientale. Dopo tale insegnamento c’era da aspettarsi che cittadini e categorie danneggiate, in testa a tutti gli albergatori, avendo la catastrofe dei rifiuti distrutto l’economia e l’immagine della Campania, sarebbero stati messi in condizione di costituirsi, col conforto della pubblica accusa, nel processo che questa senza indugio avrebbe promosso per il reato di disastro ambientale. In modo da ottenere speditamente il risarcimento dei danni causati dai responsabili delle imprese appaltatrici della gestione dei rifiuti in Campania. Dove, infatti, con decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, al fine dichiarato di scongiurare il pericolo di epidemie, il Governo aveva spedìto di corsa lo stesso capo della protezione civile, Guido Bertolaso. Poiché la motivazione del decreto conclamava il pericolo per la pubblica incolumità e perciò anche il reato di disastro ambientale, (se con dolo eventuale punito fino a dodici anni di reclusione), al Pm non restava che individuarne gli autori. Da non confondersi questi, che in precedenza avevano determinato il disastro, con i prefetti e funzionari, Catenacci, Pansa, Marta Di Gennaro, lo stesso Bertolaso, inviati dal Governo, in veste di pompieri, a domare l’emergenza già dilagata. Mentre costoro venivano incriminati (c.d. processo Rompiballe) per falsi e abusi, commessi nell’affannoso tentativo di porre rimedio al disastro, paradossalmente quelli che prima vi avevano dato causa rimanevano ancora ignoti. Eppure, la loro tempestiva individuazione avrebbe chiarito che le amministrazioni della Campania erano state espropriate delle loro competenze in materia di rifiuti, che il Governo da tempo aveva trasferito al suo Commissariato e alle imprese da questo incaricate: dunque enti locali e cittadini campani erano soltanto vittime del disastro e ad essi sarebbe stata risparmiata l’umiliazione lamentata dallo stesso presidente Napolitano nel discorso di Castelporziano del 17 ottobre 2008: «I napoletani non meritano di essere indicati a dito nel mondo come quelli che non tutelano la pulizia e l’igiene». Poco sollecita delle ragioni delle popolazioni disastrate, la Procura della Repubblica di Napoli si è fatta invece sopravanzare da tutta una letteratura - Ecoballe, Campania infelix, ecc - fiorita intanto sulle cause del disastro. E, da ultimo, dal Forum internazionale, svoltosi ai primi di ottobre a Venezia. Dove premi Nobel, studiosi e politici, provenienti dai cinque continenti, hanno passato in rassegna i disastri ambientali che hanno devastato il pianeta, da Bhopal in India fino al caso Napoli in Italia. Su cui chi scrive era stato chiamato a far da relatore. Il disastro dei rifiuti in Campania sta passando alla storia. Ma la relativa inchiesta, a oltre tre anni dalla denuncia dello stesso Governo, contro ogni regola, segna il passo, viaggiando da un Pm all’altro, senza paradossalmente ancora approdare alla individuazione di un solo indagato. Come dar torto a chi di recente ha autorevolmente lamentato intollerabili lungaggini processuali, irrispettose delle ragioni dei cittadini! *presidente Corte di Cassazione

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