Rifiuti, rischio bancarotta per il Comune
La paura fa 130. Tanti sono i milioni che il Comune dovrà versare ai creditori, al posto del sottosegretariato all’emergenza rifiuti, a partire dal prossimo primo gennaio e che rischiano di far fare bancarotta a Palazzo San Giacomo. Vale a dire da quando cesserà anche amministrativamente lo «stato di emergenza». Il decreto che lo stabilisce continua a rimbalzare da un consiglio dei ministri a un altro e non è stato ancora approvato. Ma è solo questione di giorni perché entro fine anno i conti - è il caso di dire - dovranno tornare per forza. Il motivo di tanta incertezza risiede proprio nella mostruosa partita economica finita nel decreto e che potrebbe trascinare gli enti locali al fallimento. Il sottosegretariato ai rifiuti - nella sostanza - ha un debito complessivo di 1,5 miliardi di euro verso tutti quei soggetti che hanno contribuito a risolvere nei 15 anni di emergenza il problema della spazzatura a Napoli e in Campania. Con la chiusura della fase emergenziale quel miliardo e mezzo finisce automaticamente a carico degli enti locali che riprenderanno in via ordinaria la gestione del ciclo dei rifiuti. Una massa debitoria che significa crac finanziario sicuro a cominciare appunto da Palazzo San Giacomo. «Sono soldi - spiega l’assessore regionale all’Ambiente Walter Ganapini - accumulati in 15 anni, Napoli è la situazione che preoccupa di più perché 130 milioni sono tanti e poi il Comune è impreparato, non si sono organizzati in funzione della cessazione dell’emergenza». Sul punto dal Comune fanno sapere che il debito è di 40,5 milioni: una guerra di cifre - grandi cifre — che non sposta di una virgola i timori visto che la casse di Palazzo San Giacomo sono vuote. Come fare per uscire da un simile imbuto? Sul ministro Giulio Tremonti il pressing è continuo ma il ministro non sembra disposto a stravolgere la Finanziaria dal caso Campania: tanti soldi non ci sono. Si tratta piuttosto sulla possibilità di tenere in piedi un regime transitorio per 6-9 mesi nel corso dei quali la struttura di Palazzo Salerno supporterebbe gli enti locali nell’individuare una strategia utile a recupra soldi e a gestire i rifiuti in maniera virtuosa. Comunque si lavora sui conti e allora viene fuori che gli impianti per i rifiuti andrebbero a quel punto in carico agli enti locali, una sorta di patrimonializzazione dal valore di circa 600 milioni. Rimarrebbero da rimborsare ancora altri 900. Un’altra voce da tagliare è quella della forza lavoro. Secondo calcoli tarati su altre realtà simili alla Campania, bastano tra gli 8mila e 10mila addetti a tenere in piede il comparto rifiuti. Nella nostra regione nel comparto ambiente ci sono ben 20mila operatori. La metà degli addetti andrebbe tecnicamente licenziata. Solo così i conti assumrebbero contorni meno drammatici. Soprattutto perché da Palazzo Chigi fanno notare che i 10mila posti in eccesso sono frutto di una politica che ha utilizzato l’emergenza come camera di compensazione per placare la fame di lavoro. Naturalmente licenziare è impossibile, si innescherebbe una bomba sociale in una regione e soprattutto a Napoli dove i problemi su questo fornte già sono da allarme rosso. Una terza opzione che si sta cercado di intraprendere con l’aiuto di Tremonti, è quella della rinegoziazione del debito. Servirebbe una garanzia dello Stato e un sistema bancario pronto a recepire le istanze del territorio napoletano e campano. Un punto sul quale per ora nessuno è disposto a scommettere nemmeno un euro. Altro che 900 milioni.