Bòitz al depuratore di Melito

Dossier fotografico sul fiume Ufita, Inquinamento e moria di pesci
E sugli scarichi indaga la procura
6 dicembre 2009 - Cinzia Puopolo
Fonte: Il Mattino Avellino

Fiume Ufita Melito Irpino. Non sono le industrie ad avvelenare le acque del fiume Ufita, provocando la morìa di pesci, ma gli scarichi abusivi. E' quanto emerge dal monitoraggio ambientale del fiume Ufita, commissionato dall'Asi, che arriva nel giorno del blitz dei carabinieri e dei tecnici dell'Arpac al depuratore di Melito Irpino. A denunciare odori nauseabondi e fuoriuscita di liquami dalle vasche, erano stati alcuni cittadini residenti nella zona che hanno presentato alla stazione dei carabinieri di Grottaminarda un articolato dossier con un reportage fotografico che attestava la fuoriuscita di liquami dalle vasche del depuratore con il conseguente inquinamento ambientale. Dal sopralluogo dei tecnici dell'Arpac sarebbe emerso che le disfunzioni sono circoscritte a una vecchia vasca e non al nuovo depuratore che è, invece, perfettamente funzionante. Ma, indipendentemente dalla causa, un dato è certo: i liquami finiscono direttamente nel fiume Ufita, così come nelle acque del torrente finiscono gli scarichi provenienti da Grottaminarda che non passano attraverso il depuratore. Sarebbe questa la causa maggiore dell'inquinamento dell'Ufita, della scomparsa dei pesci che tanto ha fatto infuriare gli ambientalisti. Lo attesta lo studio del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Avellino che, attraverso la società "Bierrechimica srl", ha monitorato per più di un anno la portata e lo stato d'inquinamento del fiume individuando le responsabilità. «Il risultato di questo studio che presenteremo giovedì prossimo non ci meraviglia - dice il presidente dell'Asi Pietro Foglia -. Il nostro obiettivo era quello di dimostrare che, per quanto l'attenzione delle autorità competenti sia concentrata sulle industrie e sul nostro depuratore di Flumeri, l'inquinamento del fiume Ufita ha ben altre origini. Naturalmente il monitoraggio oltre ad individuare le criticità punta anche ad avanzare le proposte per risolvere il problema. Consegneremo i risultati dello studio all'amministrazione provinciale, ai Comuni della Valle dell'Ufita e lo metteremo a disposizione delle autorità giudiziarie. Naturalmente, il problema non è circoscritto al fiume Ufita, ma investe gran parte dei corsi d'acqua presenti sul territorio provinciale, a cominciare dal Calore». L’Ufita è stato tenuto sotto osservazione per un anno e mezzo con l'obiettivo di valutare l'impatto ambientale del depuratore dell'area Asi in relazione al netto deterioramento della qualità delle acque nel periodo di magra. «Lo studio - spiega il consulente chimico Maurizio Galasso - è servito per verificare, dal punto di vista scientifico, se i reflui depurati dall'impianto potessero aggravare o meno la situazione del fiume Ufita e se non fossero essi stessi la causa del deterioramento delle acque del corpo idrico ricettore. Il monitoraggio ha riguardato tutte le condizioni meteo e di portata per arrivare ad avere un quadro completo che non solo ha permesso di valutare l'impatto del depuratore ma, in primis, lo stato del corpo idrico, le pressioni antropiche e, soprattutto, le ipotesi di intervento per un ripristino complessivo di tutta l'asta fluviale». Dal monitoraggio sono emerse due problematiche: la drastica carenza di portata nel periodo estivo e la presenza di inquinanti. «Abbiamo rilevato - dice Galasso - che un tratto a monte del nucleo industriale dell'Asi risulta completamente asciutto. Nel fiume Ufita, inoltre, arrivano scarichi non depurati che compromettono la qualità dell'acqua anche nel tratto dove la portata è perenne».

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