Cosentino riciclava gli assegni dei clan

Al vaglio dei pm le nuove accuse dei pentiti. La difesa insorge: mancanza assoluta di riscontri

2 dicembre 2009 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Lanciare «un nuovo modo di operare», un «nuovo corso nella gestione criminale, puntando con tutte le proprie forze alla Regione Campania e alle candidature in Parlamento». Eccolo il «sistema casalesi», secondo gli ultimi verbali di pentiti nell’indagine su Nicola Cosentino. Un «sistema» che ha convinto il gip Raffaele Piccirillo a rigettare la richiesta di revoca della misura cautelare per Cosentino e a ritenere attendibili le ultime mosse della Procura. Contro il parlamentare, i pm Sandro Milita e Giuseppe Narducci hanno trasmesso al gip nuove accuse, nuovi atti. Ci sono le accuse di tre pentiti - Luigi Guida, Michele Froncillo e Raffaele Piccolo - su cui è lo stesso gip a chiedere «verifiche e approfondimenti a stretto giro», in attesa di elementi concreti in grado di confermare l’ipotesi di concorso esterno in associazione camorristica. La discrezione È l’ultima accusa per il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino. L’ha sostenuta il pentito Raffaele Piccolo lo scorso 30 settembre. Date, appuntamenti, incontri appuntati in un manoscritto su cui i pm chiedono chiarezza: «Nicola Cosentino ’o mericano consente il cambio di assegni ricevuti dal clan». Piccolo vanta una competenza specifica nel ramo, lui ex collettore dei proventi criminali raccolti dai capizona casalesi. Poi aggiunge: «Gli importi oscillano dai 7 ai 10mila euro, pagabili a vista o con scadenza a stretto giro. Vengono versati dagli imprenditori al clan a mo’ di tangente, quando devono mettersi a posto con noi. Fatto sta che c’è sempre l’esigenza di riciclare assegni». È qui che Piccolo ricorda che i «canali a disposizione degli affiliati per il riciclaggio di assegni erano un gioielliere di Casale, un imprenditore e lo stesso Cosentino: erano loro a riciclare stabilmente i nostri assegni». Attività gestite con la massima discrezione, tanto che il pentito ricorda una «disposizione interna» al clan per salvaguardare le esigenze di «riservatezza» dello stesso parlamentare: «Gli unici ad avere contatti diretti con Cosentino su questo versante sarebbero stati Nicola Schiavone e Nicola Panaro». La difesa: meglio il processo Spiega il penalista napoletano Stefano Montone, che assiste Cosentino assieme ad Agostino De Caro: «Sono dichiarazioni indirette di pentiti che si citano a vicenda, con un gioco di rimandi in assoluta mancanza di elementi concreti. Il gip - spiega il penalista - esamina dichiarazioni che nulla hanno a che vedere con le esigenze cautelari, compiendo poi una doppia operazione: da un lato valorizza le accuse dei pentiti, dall’altro chiede di accertarne la fondatezza. A questo punto chiediamo un processo che sia più rapido e corretto possibile». Ma nel verbale si citano anche le date - anni 2002/2004 - in cui l’ex collettore di tangenti parla di un appuntamento in casa Cosentino a Casal di Principe: «Era l’estate del 2003, avevo due assegni (2500 e 7500 euro) da riciclare velocemente per gli stipendi agli affiliati. Andai con Vincenzo Schiavone, alias copertone, che disse di andare da Nicola Cosentino: ci portammo presso il bar America che si trova a Casale, l’intero fabbricato che ospita il bar appartiene al parlamentare. Io rimasi fuori al bar, mentre Vincenzo Schiavone si appartò con il gestore del locale, tale Pasquale, poi andò in direzione della casa di Cosentino. Al ritorno mi disse che era tutto a posto, che i soldi gli sarebbero arrivati il giorno successivo. Varie altre volte sono andato con Vincenzo Schiavone nello stesso posto per scontare gli assegni». Agevolazioni alle imprese È Michele Froncillo, lo scorso 3 novembre (sei giorni prima che partisse la richiesta di arresto alla Camera) a raccontare gli interessi per la 488, la legge del 1992 che sblocca finanziamenti alle imprese: «Nel 2000/2001, i casalesi dicevano di poter ottenere tramite questi politici (vengono citati Cosentino e Coronella, ndr) finanziamenti attraverso la 488, riuscendo a scalare la graduatoria». Spiega ancora Froncillo: «D’altronde, Raffaele Letizia aveva fondato numerose società di comodo per ottenere finanziamenti, appalti e subappalti». Anche in questa occasione le parole del pentito sono de «relato», indirette: sono elaborazioni di conoscenze interne al clan. Tanto che il collaboratore cita un incontro in cella con Massimo Russo (parente del parlamentare): «Mi disse che Cosentino era cosa sua, tanto da poter ottenere appalti, subappalti e finanziamenti con la 488. Il meccanismo è questo: una volta ottenuto il finanziamento si sovrafattura le opere e tutto il costo di impianti e capannoni sono a spese dello Stato». L’attacchinaggio Froncillo torna sulla politica: «Nel 2000-2001, i vertici dei casalesi mi dissero che facevano propaganda e attacchinaggio per Cosentino e Coronella, in cambio di appalti e subappalti», ma anche qui mancano riferimenti concreti. Ed è a questo punto che Froncillo ricorda la cena in un ristorante di Casoria in cui furono quelli di Casale a insistere: «I casalesi ci suggerirono un nuovo modo di operare, di far crescere delle persone, farle candidare a Roma o alla Regione, così, tanto per avere tutto sotto controllo».

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