Le pene sono tutte superiori alle richieste dell’accusa Soddisfatte le parti civili I difensori vanno in appello

Irm, sei condanne per incendio colposo

Assoluzione per il reato di inquinamento ambientale, prescrizione per l’autorizzazione alla discarica
17 novembre 2009 - Alfonso Parziale
Fonte: Il Mattino Avellino

Rogo Irm, il giorno delle condanne. Durissima la sentenza emessa dal giudice monocratico, Natalia Ceccarelli, con pene che vanno da uno a tre anni, tutte superiori a quelle richieste dal pubblico ministero Raffaele Tufano. Prescrizione per l’autorizzazione alla discarica abusiva, e assoluzione per il reato di inquinamento ambientale, viene meno la richiesta di confisca del sito. Sul banco degli imputati otto persone: l'ex commissario prefettizio al comune di Avellino, Raffaele Sbrescia, il legale rappresentante dell'Irm Emiliano Pescatore, i dirigenti del Comune di Avellino Luigi Masi, Giovanni Iannaccone e Francesco Tizzani, il vice sindaco di Mercogliano Massimiliano Carullo con il dirigente Giuseppe Pescatore, ed infine il funzionario regionale per l'emergenza rifiuti Mario Lupacchini. Tranne che Lupacchini e Tizzani, gli altri sei imputati sono stati riconosciuti responsabili di incendio colposo per quanto accaduto alla Irm, dove nell'estate 2004, per fronteggiare l'emergenza rifiuti nel comune capoluogo, furono stoccate 7.800 tonnellate di rifiuti a fronte di 3.335 tonnellate che il capannone poteva ricevere. Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro novanta giorni. Il rogo di Pianodardine avvenne il 22 gennaio del 2005, quando un incendio durato più di 24 ore mandò in fumo migliaia di tonnellate di rifiuti stipati nel sito della «Irm-Pescatore Srl» in località Piano di Manocalzati, costringendo decine di famiglie ad abbandonare le proprie case. La condanna più dura è per il legale rappresentante dell'Irm, Emiliano Pescatore, condannato a tre anni di reclusione a fronte di una richiesta di due anni da parte della pubblica accusa. Un anno all'ex commissario prefettizio, Raffaele Sbrescia (la richiesta dell'accusa era di sei mesi), con il beneficio della sospensione della pena. Un anno di reclusione, con pena sospesa, per i dirigenti Luigi Masi e Giovanni Iannaccone del comune di Avellino, per il vicesindaco di Mercogliano Massimiliano Carullo e per il dirigente Giuseppe Pescatore. Tutti, in solido, condannati al pagamento delle spese processuali. Assolto invece il funzionario regionale per l'emergenza rifiuti Mario Lupacchini, perché il fatto non sussiste ed il dirigente del Comune di Avellino Francesco Tizzani per non aver commesso il fatto. Il giudice ha inoltre condannato Sbrescia, Masi, Iannaccone, Carullo, Emiliano e Giuseppe Pescatore al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili, da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento delle spese legali di costituzione e rappresentanza. Il giudice ha anche disposto il dissequestro di quanto eventualmente tuttora in sequestro e la restituzione agli aventi diritto. Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dagli avvocati di parte civile, De Benedetto e Colella: «Aspettiamo le motivazioni, ma le pene irrogate sono tutte superiori a quelle richieste dal pm. Siamo perciò soddisfatti perché il processo si è concluso con il riconoscimento delle responsabilità. Questo dimostra che non si è trattato di una bolla di sapone, ma sono state riconosciute le difficoltà ed i disagi a cui sono stati sottoposti le comunità. Oggi finalmente viene riconosciuta l'esistenza di un danno». Per uno dei difensori di Sbrescia, Maurizio Mastrogiovanni, invece «è una sentenza inaspettata. Non si riesce a comprendere come si possa ritenere colpevole il dottor Sbrescia di un fatto dopo sette mesi dalla cessazione delle sue funzioni». E Antonio Gengaro attacca: "Mi auguro che in appello tutti i protagonisti di questa vicenda possano risultare estranei alla vicenda, in particolare i funzionari comunali. Ma ora sono necessarie e opportune ora le dimissioni dell'amministratore delegato dell’Asa, Emiliano Pescatore. Ho sempre sostenuto, in questi anni, che persistesse un conflitto d'interesse palese tra controllore e controllati».

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