Caso Cosentino: due nipoti del cardinale Sepe assunti nella società dei Casalesi

Il gip: erano i favori chiesti al sottosegretario all’Economia: i posti nell’impresa dei fratelli Orsi
11 novembre 2009 - Titti Beneduce
Fonte: Corriere del mezzogiorno

La società mafiosa Eco4 controllata dai fratelli Orsi, dai Bidognetti e, secondo l’accusa, da Nicola Cosentino, era anche uno strumento per assumere persone gradite ai potenti: tra queste, due nipoti dell’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe. Quello che l’Arpac rappresentava per l’Udeur, la Eco4, secondo il gip Raffaele Piccirillo, rappresentava per gli amici di Cosentino: aveva la funzione di erogare stipendi. A gente che spesso non si faceva neppure vedere sul posto di lavoro, ma che era vicina ai centri del potere. In cambio, Cosentino e Mario Landolfi, anche lui pesante­mente tirato in ballo dall’imprenditore pentito Gaetano Vassallo, ga­rantivano gli appalti per la raccolta dei rifiuti nei Comuni del Caser­tano e la realizzazione di un ciclo dei rifiuti, inclusa la costruzione di un termovalorizzatore, alternativo a quello portato avanti dal commissariato straordinario di governo. Un ciclo provinciale, da ge­stire in loco e, soprattutto, senza dividerne i proventi con nessuno.
Delle assunzioni imposte dai politici parlò invece a lungo nei suoi interrogatori Michele Orsi, l’imprenditore arrestato per le vi­cende della Eco4 e poi assassinato dal gruppo di Giuseppe Setola il primo giugno 2008. Prima di riportare le dichiarazioni di Orsi, il gip nota: «Massicce assunzioni (Orsi parla del 70% delle risorse umane) di personale inutile e talvolta del tutto inoperoso, effettuate in con­comitanza con le scadenze elettorali o per conquistare il favore di persone che potevano tornare utili in ragione del ruolo professiona­le o politico rivestito (un consigliere comunale liternese; un un membro della giunta comunale di Trentola Ducenta; un giornalista del maggiore quotidiano della provincia; un ispettore di Pg in servi­zio presso la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere; un cardinale) rappresentavano la contropartita che i protettori poli­tici richiedevano e puntualmente ottenevano dagli imprenditori ma­fiosi della Eco4 s.p.a.».
Ed ecco che cosa raccontò Orsi: «Vi erano poi alcune assunzioni che furono motivate dalla necessità di asse­condare gli interessi delle amministrazioni comunali, utili per otte­nere gli affidamenti: ricordo ad esempio le assunzioni di Picone Ni­cola, vicesindaco di Trentola, e quella di Oliviero, consigliere di Vil­la Literno, entrambe richieste dall’on. Cosentino. Sempre Cosentino ci richiese l’assunzione di due nipoti del cardinale Sepe, da noi rego­larmente attuate così come ricordo anche l’assunzione del fratello di Merola Carmine quale autista, richiesta da quest’ultimo, trattan­dosi di un ispettore di polizia che lavorava presso la Procura di San­ta Maria Capua Vetere. Faccio presente che molte delle assunzioni, quali ad esempio quelle di Picone Nicola e Oliviero erano non solo inutili ma sostanzialmente fittizie, dato che questi praticamente non svolgevano alcuna attività continuativa. In questo momento mi sovviene anche l'assunzione di Gianni Di Rosa, il 'commerciali­sta' dell’Eco4, assunto su richiesta dell’On. Cosentino e genero di un giornalista de Il Mattino di nome Di Stasio». Nell’ordinanza di custodia cautelare inviata alla Camera, il gip insiste su un punto: Cosentino era il garante politico della Eco4, costituita per volontà del gruppo dei casalesi che fa capo a Francesco Bidognetti. Quando la Eco4 mette mano all’affare dell’inceneritore di Santa Maria la Fos­sa, i fratelli Orsi devono cambiare casacca: poiché a Santa Maria la Fossa comanda «Sandokan», e non Bidognetti, avviene il voltafac­cia. Vassallo, che di Bidognetti è un fedelissimo, deve uscire dalla società. Allora va a lamentarsi da Cosentino: «L’onorevole Cosentino mi spiegò quali erano le ragioni del suo diniego, e quindi della mia esclusione dal Consorzio. Mi spiegò per­tanto che ormai gli interessi economici del clan dei Casale­si si erano focalizzati, per quanto riguarda il tipo di attivi­tà in questione, nell’area geografica controllata dagli Schiavone e che pertanto il gruppo Bidognetti era stato fatto fuori perché non aveva alcun potere su Santa Ma­ria la Fossa. Ne derivava la mia estromissione. In poche parole l’onorevole Cosentino mi disse che si era adeguato alle scelte fatte 'a monte' dal clan dei casalesi».

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