Banche e discariche per gli affari di Cosentino
Le cave, le discariche, le banche. E le forniture di impianti. Eccola l’altra faccia dell’emergenza rifiuti, l’ultimo scandalo raccontato da un’indagine giudiziaria, la stessa che ha investito il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino. Non sono bastati due processi (ancora in corso) alla gestione commissariale della grande crisi rifiuti per raccontare il presunto giro d’affari e l’incrocio di interessi in campo. C’è un terzo filone, si chiama consorzio Impregeco. Nato dalla fusione di consorzi casertani (Ce4) e napoletani (Na1 e Na3), il gip Raffaele Piccirillo non fa fatica a definire Impregeco come un superconsorzio che armonizza interessi trasversali, che fa sedere attorno allo stesso tavolo centrodestra e centrosinistra. Sentito qualche mese fa come testimone, il governatore Bassolino ha ammesso di non ricordare granché della operazione Impregeco, nonostante l’avesse sottoscritta come ex commissario antirifiuti. Nel verbale raccolto in Procura, Bassolino riconduce la nascita del superconsorzio al suo ex subcommissario Giulio Facchi (con il quale condivide il ruolo di imputato nel processo della presunta truffa dei rifiuti in Campania). Presieduto da Giuseppe Valente, il superconsorzio Impregeco ha un ruolo su tutti: creare un ciclo integrato di rifiuti in concorrenza a quello Impregilo-commissariato, sull’asse più devastato - napoletano e casertano - dalla raccolta al termovalorizzatore ipotizzato a Santa Maria La Fossa. Ed è qui che Cosentino - a leggere il mandato di cattura - fa pressing: Impregeco contro i nordici della Impregilo, in una vicenda in cui è vistoso il ruolo di Facchi. Decisivo - racconta il gip - il suo contributo per reperire gli impianti, con ordinanze ad hoc che spostavano soldi e che avrebbero gratificato soprattutto la ditta Icom di Milano (estranea all’inchiesta, ndr). Ecco il commento del gip: «L’impianto di stabilizzazione fu formalmente imposto da Facchi con ordinanze, con cui questi imponeva al Consorzio di acquistare dalla Icom di Milano - una società di impianti - queste strutture. La stabilizzazione dei rifiuti, anche provenienti dai Comuni del bacino Ce4, fu attuata in questi impianti». Facchi attivo tanto da far adombrare l’ipotesi della corruzione, Facchi che al Mattino racconta le sue perplessità: «Paradossale questa vicenda Impregeco: stamattina (ieri, ndr) l’udienza del processo che mi vede a giudizio perché avrei favorito la Fibe e ora in quest’ordinanza vengo citato perché agivo a danno della stessa. Rifarei tutto perché in quei mesi, oltre all’emergenza rifiuti, si doveva risolvere anche quella dei lavoratori delle ex discariche non riassunti dalla Fisia. E poi quanto alla gestione delle discariche private, noi ne eravamo sempre alla ricerca e su Caserta, dove c’era lo sversatorio di Lo Uttaro, i miei interlocutori dovevano essere per forza il consorzio Ce4 e politici come Cosentino». Ma il gip insiste su Facchi: «La presunta indagine tecnica e di mercato fu in realtà una contropartita chiesta da Facchi in cambio dell’assegnazione all’Impregeco del potere di realizzare di fatto un ciclo rifiuti concorrenziale a Impregilo». Ma il fulcro sono cave e discariche private: oro in tempi di emergenza, garanzia sempre viva per ottenere credito dalle banche. Tesi avvalorata dalla intercettazione dell’ad Fibe Armando Cattaneo, costretto a rincorrere le cave del gruppo Impregeco: «Ah ci servono le cave, ci servono le discariche se no le banche eccetera, poi immediatamente le discariche mi costano il doppio, ma dalla sera alla mattina eh, qui c’è proprio una... una catena di gente che approfitta». E più avanti: «Facchi fa la guerra a Vanoli, ad Acampora, anche a Bassolino (...). Facchi, che è un verde, quindi di un partito italo-cubano, sì, il giorno che finisce l’emergenza diventa il signor Giulio Facchi da Bergamo, torna a Bergamo e sta seduto ai giardinetti. Allora, cosa c’è? Guerra mortale per cercare di essere colui che gestirà l’ordinario dei rifiuti...».