Cosentino nella rete del patto per i rifiuti
La macchina da guerra Ecoquattro è anche il contenitore che dà forma e sostanza all’inchiesta. La stessa dell’aprile del 2006, la stessa del 2007 e del febbraio di quest’anno, interi faldoni di atti giudiziari che spaccano il capello a fatti e persone che ruotano attorno al consorzio Ce4. Sì, proprio quello dei rifiuti, il luogo di compensazione di patti diabolici tra politici e camorristici, la scatola che tutto contiene, confonde e dispensa. È la quarta puntata della stessa storia, quella che narra della genesi del contratto cucito su misura perché fosse vinto dalla Ecoquattro di Michele e Sergio Orsi. In quel caso vittime, poi titolari della «società a disposizione», braccio operativo del consorzio e terminale delle richieste che arrivavano dai Casalesi e dai politici. Tutto noto, tutto trasparente, tutto talmente scontato da non essere neppure nascosto. Il problema, aveva notato il gip Alessandro Buccino Grimaldi, era indagare la qualità dei rapporti stessi vissuti in quel contenitore di clientele. Sulla testa dell’ex ministro alle Comunicazioni e attuale coordinatore vicario del Pdl, Mario Landolfi, pende ancora una richiesta di rinvio a giudizio per corruzione aggravata dal metodo mafioso. Il coordinatore, il numero uno dello stesso schieramento, sottosegretario al Tesoro e candidato in pectore alla presidenza della giunta regionale, è nella stessa situazione. Anzi, peggiore. Il contenitore infetto, la macchina da soldi e da favori, la natura del Consorzio e le sue modalità operative, hanno fatto un’altra vittima. Il potere di Nicola Cosentino, contro il quale poco o nulla avevano fatto le accuse di cinque collaboratori di giustizia del clan dei Casalesi, è stato intaccato non dalla magistratura ma dalle relazioni, già ammesse pubblicamente all’indomani dell’omicidio di Michele Orsi, con i due imprenditori. Raccomandazioni per posti da spazzino, aveva specificato. Ma non è tutto, non può essere tutto, se quelle frequentazioni gli sono costate l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica: imputazione singola fatta dalla Dda di Napoli nel febbraio scorso, e via via integrata da nuovi atti arrivati all’ufficio del gip Raffaele Piccirillo fino alle scorse settimane, a comporre la quale ben poco avrebbero concorso le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ampiamente pubblicate sui giornali a partire da settembre del 2008. Molto più aderente alle contestazioni che oggi arriveranno alla Camera l’inquietante scenario ricostruito nelle ordinanze del giudice Alessandro Buccino Grimaldi: il consorzio di bacino come una sorta di superclan che vedeva seduti allo stesso tavolo camorristi di lungo corso, imprenditori in odor di mafia, politici di primo, secondo e terzo livello. Sullo sfondo, il ruolo ambiguo dei Comuni, di pubblici amministratori che avevano partecipato e deciso con gli altri chi doveva controllare quel sistema, di pezzi di apparati istituzionali - come il commissariato di governo, la prefettura, il gruppo antimafia che rilasciava le certificazioni. Gaetano Vassallo, signore delle discariche inquinate, ad agosto del 2008 aveva aggiunto il suo punto di vista anche in riferimento ai contatti con i politici, a partire dal sottosegretario Nicola Cosentino che avrebbe ricevuto da Sergio Orsi una busta gialla contenente 50.000 euro - elemento neutro, che non sarebbe stato riscontrato né in negativo, né in positivo - fino a Mario Landolfi.