Il giorno della morte del signore dei rifiuti
Il giorno del pentimento di Gaetano Vassallo fu lo stesso giorno in cui Michele Orsi iniziò a morire. Scaricato dai Casalesi, inutile come collaboratore di giustizia, troppo debole per reggere allo stress di un altro, possibile, arresto e degli avvertimenti in stile mafioso che erano iniziati a gennaio, quando la sua pur modesta collaborazione con la giustizia era diventata cosa nota. Quando Michele Orsi fu ucciso, era un mese che Giuseppe Setola stava esercitando le sue qualità di assassino, di giustizieri di quanti non erano stati fedeli alla causa dei Casalesi. Quella mattina del primo giugno 2008, una domenica, fu deciso che dovesse essere l’ultima dell’imprenditore di Ecoquattro, del re dello smaltimento dei rifiuti, dell’interlocutore privilegiato di politici e camorristi, a Mondragone e Castelvolturno come a Casal di Principe. Fu deciso in un giorno e un luogo imprecisato, a Casale comunque, nelle alte sfere del clan. Furono in sette, a vario titolo, a partecipare all’omicidio: chi fece da specchiettista, chi assistette alla partenza dei killer, chi sparò, chi vide gli assassini fuggire e lo negò. In capo a tutti c’è Giuseppe Setola, il capo militare dei Casalesi arrestato sette mesi dopo a Mignano Montelungo. Poi, Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia, Massimo Alfiero, Mario Di Puorto, Domenico Luongo. In ultimo, Gaetano Simeone, il giovane barista del Roxy che vide gli assassini entrare, sparare, scappare e che preferì abbassare la saracinesca del bar senza farsi trovare da carabinieri e polizia. Simeone è l’unico imputato a piede libero, scarcerato dal Riesame, e che risponde del solo favoreggiamento aggravato. Sono comparsi di persona (uno) o in videoconferenza dinanzi al gup di Napoli Claudia Picciotti, che al termine dell’udienza preliminare li ha rinviati a giudizio. La prima udienza del processo è fissata per il 17 dicembre, dinanzi alla III Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere. La moglie Miranda e i figli di Michele Orsi, assistiti dall’avvocato Federico Simoncelli, si sono costituiti parte civile. Una scelta con rarissimi precedenti per i familiari della camorra casalese. In questo caso, anche un voler rispettare le volontà del morto, che si sentiva vittima e non compartecipe del sistema, sempre più disponibile ad allargare la portata delle sue dichiarazioni alla Procura antimafia. Neppure tre mesi dopo l’omicidio, Gaetano Vassallo - l’uomo delle discariche e del traffico di rifiuti illegali - racconterà in Procura di aver assistito alla consegna di una busta gialla con cinquanta milioni di lire a Nicola Cosentino, non ancora sottosegretario di Forza Italia. Soldi che sarebbero stati versati a mo’ di tangente, o di contributo elettorale, da Michele Orsi e dal fratello Sergio, attualmente detenuto, che però ha smentito. La prima domenica di giugno dello scorso anno, era stato Osvaldo, uno dei figli di Michele Orsi, il primo ad accorgersi di qualcosa di strano che era avvenuto nella strada della sua abitazione, a Casal di Principe. Si era affacciato, dal balcone di casa aveva visto il corpo del padre steso a terra. E aveva chiamato la cugina, la figlia di Sergio Orsi che abitava nello stabile accanto a quello della sua famiglia, sempre in via Catullo. «È successo qualcosa, papà sta a terra e non si muove.....». Poi il grido straziante dei ragazzi e della moglie, la telefonata ai carabinieri, il pianto lungo e lancinante che aveva fatto da sottofondo al sopralluogo degli investigatori e all’arrivo del carro funebre. Un grido che si è fatto più acuto quando il corpo di Orsi era stato scoperto e, sulla maglia gialla, sono apparsi i fori macchiati di rosso, cinque marchi della vendetta di camorra. Michele Orsi, tornato a casa un’ora prima, era uscito di nuovo perché nel frigorifero non c’era la Coca Cola per i suoi bambini. Non aveva fatto in tempo a comprarla.