Pm contro Galgano, nuovo caso al Csm
Si sentono delegittimati dinanzi all’opinione pubblica, colpiti nel pieno dell’azione di contrasto contro crimine organizzato e illegalità diffusa. Sono i motivi che spingono settantadue magistrati della Procura di Napoli a chiedere un intervento del Csm, dopo le dichiarazioni rese dal procuratore generale Vincenzo Galgano. Una nota in tre pagine, settantadue firme su un organico di circa 94 pm (considerando i nuovi innesti non ancora fisicamente in ufficio e alcune aspettative), per replicare ad alcuni interventi sostenuti dalla più alta carica requirente del distretto giudiziario partenopeo. Detto con la prosa dei firmatari, si chiede al Csm di «valutare la necessità di attivare le opportune procedure istituzionali a tutela dei magistrati della Procura della Repubblica di Napoli». Ma cos’è che spinge i sostituti napoletani ad aprire un nuovo caso Napoli? Perché una nuova lettera dalle stanze della Procura alla posta di Palazzo dei Marescialli? La risposta ripercorre quanto accaduto negli ultimi sei mesi, scanditi da dichiarazioni alla stampa e interviste del pg Vincenzo Galgano sull’atteggiamento assunto dagli inquirenti napoletani. Spiegano i pm nel loro documento: «In termini espliciti, i pm napoletani sono stati additati quali causa di sofferenza individuale e collettiva nei cittadini e nella gente in ragione di atteggiamenti fanatici o peggio asinini». Riferimento diretto all’intervista resa da Galgano al Corriere del Mezzogiorno, in cui il pg, lamentando un complessivo decadimento culturale nella stessa magistratura, sottolineava che è così «la storia del nostro paese, del sud in particolare: gli altri hanno cento cavallucci, noi dieci stalloni di razza, ma novanta asini». Parole che, a giudizio dei pm firmatari, delegittimano la stessa Procura, su cui il procuratore generale ieri ha fornito un ulteriore chiarimento: «Non avevo intenzione di offendere nessuno - spiega Galgano al Mattino - avevo solo intenzione di rappresentare come dovesse atteggiarsi un pubblico ministero per meritare il rispetto dei cittadini e degli stessi operatori del diritto. Tutto qui». Un nuovo caso Napoli, dunque, al Csm. Che si sviluppa in due fasi: ad aprile, quando il pg Galgano rivolge alla stampa critiche sull’atteggiamento dei pm, poche ore prima dell’assemblea dei sostituti per chiedere la tutela del Csm dopo le di Berlusconi alle indagini sui rifiuti. In quell’occasione, Galgano bollò l’iniziativa dei pm come semplici «effervescenze elettorali legate all’approssimarsi di imprecisate scadenze elettorali». Poi, lo scorso ottobre il secondo atto, subito dopo un documento di Md di solidarietà per i pm Noviello e Sirleo per la «revoca implicita» dello stralcio nell’inchiesta ecoballe. È qui che Galgano va giù duro e a più riprese: «Ci sono certi pm, e più in generale, certi magistrati, che attraverso le correnti di cui fanno parte perseguono scopi concreti, che coincidono con interessi personali. Loro dovrebbero invece imparare a lavorare in pace e soprattutto in silenzio». Poi affondi sul presunto «fanatismo» dei pm che «provoca sofferenze alla gente e alla collettività», tanto da infliggere «un costo che i cittadini devono pagare all’autonomia della funzione giurisdizionale». Pm «fanatici», «politicizzati», con un bagaglio culturale deteriorato rispetto alle generazioni passate, dunque: pm che oggi scrivono al Csm, raggiunto meno di un mese fa da un’istanza di Mi per valutare l’esistenza delle condizioni per aprire una pratica di incompatibilità ambientale a carico dello stesso Galgano.