Dagli appalti al business dei rifiuti L'ombra dei contatti con i Casalesi

Decisiva la testimonianza di Guida, alleato del clan Bidognetti
10 novembre 2009 - Marco Imarisio
Fonte: Corriere della Sera

Ormai sbrigava le faccende di segrete­ria davanti alla chiesa. Ogni domenica, quando tornava a Casal di Principe, Ni­cola Cosentino riceveva all'aria aperta le persone che volevano parlargli. Il sotto­segretario all'Economia ha il terrore del paese d'origine, di quello che potrebbe significare per una carriera politica che dallo scorso anno ha decisamente vira­to in alto. La richiesta d'arresto di ieri sembra giustificare le sue paure. Il pas­sato torna sempre. E se cinque pentiti non bastavano, a confermare le tesi del­l'accusa ne è arrivato un altro.

Era il 12 maggio quando veniva uffi­cializzato l'ingresso dell'avvocato aver­sano nel governo. Ma proprio in quei giorni l'omicidio dell'imprenditore Mi­chele Orsi faceva saltare il fragile equili­brio esistente nelle sue terre tra Stato e antiStato. Il vaso di Pandora si stava per aprire. E le voci su Cosentino e sulla sua famiglia avevano all'improvviso ripreso consistenza. Il primo a parlare, molto tempo fa, era stato Dario De Simone, uno dei capi dei Casalesi. Fu lui, nel 1996, mentre i suoi ex amici gli massa­cravano il padre e un figlio, a fare il no­me di Nicola Cosentino, affermando che «l'onorevole era a disposizione per qualunque cosa noi gli avessimo potuto domandare». Carmine Schiavone, cugi­no e alleato di Francesco Schiavone, Sandokan, il capo indiscusso dei Casale­si, aveva raccontato nel gennaio 2000 i presunti rapporti del futuro sottosegre­tario all'Economia con l'altro grande clan di camorra, i Bidognetti, sostenen­do che Cosentino ricevette il loro appog­gio nelle elezioni del 1982. Il suo debut­to politico come consigliere comunale, a 21 anni appena. Erano seguite le paro­le di Domenico Frascogna, il quale soste­neva che Sandokan mandasse messaggi dalla latitanza usando come postino «un politico di Casal di Principe che ope­ra ormai a livello superiore».

A queste tre testimonianze 'stori­che', la scorsa primavera si sono ag­giunte le parole di Michele Froncillo, che indicava Cosentino come il 'contat­to' dei clan per gli appalti pubblici. E poi quelle di Gaetano Vassallo, che costi­tuiscono l'architrave di questa inchie­sta. Nel maggio 2008, mentre Cosentino celebrava la sua definitiva ascesa, il pen­tito dei rifiuti, così veniva chiamato pri­ma che la sua identità diventasse pub­blica, aveva raccontato del controllo fer­reo dell'avvocato di Casal di Principe sul consorzio Eco4, la struttura che ge­stiva gli appalti per lo smaltimento dell' immondizia e per la costruzione di futu­re discariche e termovalorizzatori. Una gestione che secondo Vassallo veniva fatta in nome e per conto di Sandokan. «Mi sono incontrato più volte con Co­sentino, e come me lo hanno fatto an­che altri» ha dichiarato più volte il penti­to.

Ma alla fine l'uomo che forse decide­rà delle sorti politiche di Nicola Cosenti­no è un napoletano. Il sesto pentito. Lui­gi Guida, 53 anni, avversario storico di Giuseppe Misso, il boss del rione Sa­nità. Una decina di anni fa, dopo un' alleanza stipulata in carcere, era di­ventato il gestore degli affari di Francesco Bidognetti, l'altro gran­de boss casalese. All'inizio dello scorso settembre ha cominciato a collaborare. E per prima cosa ha confermato le parole di Gaetano Vas­sallo, a proposito dei suoi incontri con uomini politici della zona per discu­tere di appalti e rifiuti, il nuovo busi­ness che avanza. Il cerchio che si chiu­de.

Sono due anni che Nicola Cosentino ha lasciato la sua Casal di Principe per vivere a Caserta con la moglie insegnan­te e i loro due gemelli. Ha sempre ribat­tuto alle accuse sostenendo di essere «di seconda generazione». Suo padre, Silvio, ha un casellario giudiziale impor­tante che va dalle lesioni al sequestro di persona (i fatti risalgono a due anni pri­ma della nascita di Nicola, penultimo dei suoi sette figli). «O' mericano» è il suo soprannome, e il sottosegretario all' Economia lamenta sempre di vedersi definito così sui giornali, in una specie di ambigua continuità. «Come se da queste parti fossimo tutti uguali, tutti segnati» ha detto di recente. Casal di Principe, come una maledizione.

 

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