La difesa degli assunti dell’agenzia regionale «Non siamo corrotti e tantomeno conniventi»

«Noi raccomandati per forza»

Dipendenti Arpac in rivolta: «Vittime del carrozzone clientelare»
28 ottobre 2009 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

«Adesso basta. L'assessore Ganapini continua ad attaccarci, Nasti fa lo stesso. Ma noi non siamo tutti corrotti, né siamo stati conniventi con chi voleva trasformare l'agenzia in un carrozzone clientelare». Dopo giorni e giorni di attacchi, i lavoratori dell'Arpac si ribellano e convocano una conferenza stampa per chiarire la situazione. Nella sede di via don Bosco i sindacalisti sono schierati al tavolo dei relatori, la sala è affollata dai dipendenti, l'atmosfera è infuocata. Santo Buonanno, rappresentante Fp-Cgil ed ex Rsu dell¨azienda, spiega che per anni e anni l'Arpac è andata avanti grazie al lavoro dei contrattisti. Ma l'impegno professionale, sostiene, non bastava e perciò c'erano lavoratori che «si facevano segnalare per ottenere la proroga del contratto». Una necessità, non una colpa, sostiene. «Nel corso di questi anni - aggiunge il sindacalista - abbiamo inviato tre denunce al presidente della Regione Campania Antonio Bassolino e abbiamo chiesto che si procedesse per concorsi così da eliminare il sistema dei contrattisti. Oggi l'Arpac, in virtù dei concorsi effettuati, non ha più precariato e clientelismo». E quella lista di nomi dei raccomandati ritrovata nel computer dell'agenzia? «Vi figurano centocinquanta dei duecento assunti», ammette il sindacalista. Ma, è parere comune ai rappresentanti dei lavoratori, questo non vuol dire che chi ha avuto il posto non fosse meritevole. Né che il lavoro svolto non sia i qualità. E quindi è ingiusto gettare fango sui dipendenti. Anche perché le conseguenze poi si vedono: «Qualche giorno fa – spiegano – siamo stati assaltati dai rappresentanti dei comitati antidiscarica di Chiaiano. Ma le nostre analisi sono corrette. I dati che abbiamo fornito sono esatti». Il direttore generale ha inviato una nota a tutti i dipendenti richiamandoli al «rigoroso rispetti del codice deontologico». E il codice prevede che i lavoratori debbano astenersi da «dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'amministrazione». Ma l'avviso non basta a frenare la rabbia di chi si trova nel mirino e così, anonimamente, tutti parlano, spiegano, raccontano. Francesco è furibondo: «Adesso tutti fate i moralisti – sibila – ma io una raccomandazione me la sono dovuta trovare per forza. Lavoravo a contratto, mi avevano mandato a casa per sei mesi: e mia figlia che mangiava? Mi sono dato da fare e ho trovato il politico giusto». Anna, invece, dopo anni di lavoro part time è riuscita a vincere il concorso, senza raccomandazione: «ma poi mi hanno messo a lavare i vetrini del laboratorio», dice. Il nome di Giovanni figura nella lista dei raccomandati, quello della moglie no. E infatti lui lavora e lei è ancora disoccupata. Tutti raccomandati (o quasi), ma tutti innocenti. Spiega Bruno Giordano della Cisl: «L'elenco finito nelle mani della magistratura certifica il malcostume della politica che è stato subito dai lavoratori». Resta solo da spiegarlo a quelli che la raccomandazione non sono riusciti a trovarla e perciò sono restati a casa.

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