Jacorossi, terzo fascicolo indaga la Corte dei Conti

Subappalti: ecco le ditte nel mirino dei pm
27 ottobre 2009 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Un nuovo fascicolo sulla vicenda Jacorossi: lo ha aperto la Procura della Corte dei Conti. I magistrati contabili puntano ad accertare eventuali danni alle casse dello Stato nella gestione dei 360 lsu affidati all'impresa dalla Regione al momento della stipula del contratto. Una vicenda complessa che si è trascinata per anni. Nel 2001, al momento della stipula del contratto, infatti, fu stabilito che la Jacorossi avrebbe assunto 380 lsu tra quelli in carico alla Regione. Quando nel 2006 si interruppe il rapporto con via Santa Lucia i lavoratori socialmente utili finirono in cassa integrazione. Sono quindi complessivamente tre i fascicoli che coinvolgono la Jacorossi: quello aperto dalla Corte dei Conti (ci lavora il pool tutela spesa pubblica della guardia di finanza guidato dal colonnello Alessandro Barbera), quello dei Pm La Ragione e Woodcock e quello dei pm Maria Cristina Gargiulo e Mario Di Iorio, che a luglio hanno ottenuto il rinvio a giudizio dei vertici dell'azienda e dei gestori di una serie di imprese campane che avrebbero di fatto provveduto allo smaltimento dei rifiuti: la Jacorossi, infatti, pur avendo assunto 380 dipendenti, affidava all’esterno lo smaltimento dei rifiuti tossici e pericolosi. Nel mirino degli inquirenti sono finite, così, una serie di società che avrebbero collaborato a scaricare illegalmente. Tra le altre anche la Liccarblok, che si trova anche al centro delle indagini sulla Recam, la società regionale che avrebbe dovuto provvedere alle bonifiche intervenendo proprio nello stesso settore della Jacorossi. Nel caso della Recam si sarebbe trattato di un subappalto arrivato alla Liccarblock attraverso la Sem, azienda legata al clan Belforte. La Jacorossi, invece, con il primo contratto stipulato con la Regione ha smaltito più di un milione di tonnellate di rifiuti provenienti da 35 comuni del litorale Domitio Flegreo e dell'Agro Aversano. Secondo i pm lo avrebbe fatto attribuendo il codice Cer 17 (quello proprio degli avanzi di lavorazione delle attività di costruzione e demolizione) a rifiuti altamente tossici che poi tramite la Liccarblock e Italambiente sarebbero stati «intombati» come tal quale. E non basta. Nel mirino dei Pm è finita anche l’Ilside srl: in questo caso con il sistema del giro di bolla i rifiuti sarebbero arrivati all’azienda, ma solo sulla carta. In realtà sarebbero stati inviati, invece, alla Eco Sistem per poi finire nella cava Diglio senza essere in alcun modo lavorati e resi innocui. La Ecologia Feola, invece, avrebbe abbancato la spazzatura pericolosa per poi rivenderla alla stessa Jacorossi. Il tutto a spese del commissariato per i rifiuti che all’epoca era tutt’uno con quello alle bonifiche. Il sistema, quindi, avrebbe permesso all’azienda di smaltire in maniera veloce ed economica i rifiuti raccolti in 35 comuni realizzando un imprevisto guadagno. Ma nel contempo più che bonificare i territori avrebbe contribuito ad avvelenarli.

Powered by PhPeace 2.6.4