I primatisti della «differenziata»
Salernitani super-ricicloni: nelle classifiche di Legambiente relative al 2008 centri piccoli, medi e grandi conquistano la vetta nel campo della raccolta differenziata. Con Salerno che, con i nuovi dati, «è diventata un caso nazionale - dice Michele Buonomo - mentre sono entrati nel club dei più virtuosi tanti Comuni e con il 2009 si avranno ulteriori risultati a partire da Cava de’ Tirreni». Ieri al Grand Hotel la premiazione da parte di Legambiente dei Comuni ricicloni della Campania sulla base dei dati dell’anno scorso. La classifica dell’associazione ambientalista tiene conto per l’85% della raccolta differenziata, valutando per il restante 15% anche altri indici. Così nella top ten assoluta, oltre alla conferma al vertice di Atena Lucana, ritroviamo nei primi posti Rofrano, Roccadaspide, Salento e Bellizzi, che tra i dieci migliori è l’unico con più di 10mila abitanti. Anche la classifica degli altri piccoli Comuni vede in testa i salernitani con Moio della Civitella, Tortorella e Pollica. Ma è nella classifica dei Comuni più grandi che il grande sforzo compiuto in provincia per riciclare i rifiuti diventa evidente: su 18 Comuni premiati 11 sono salernitani con il primo posto di Mercato San Severino, il terzo di Pontecagnano, seguita da Salerno (dato 2008 al 48%), Sarno, Nocera Superiore, Cava de’ Tirreni, Capaccio, Scafati, Battipaglia, Nocera Inferiore, Eboli. «E se il capoluogo registra una performance formidabile che lo ha fatto diventare un caso nazionale - dice il presidente di Legambiente Michele Buonomo - attendiamo nel novero dei Comuni virtuosi, quelli che superano il 45% di raccolta differenziata, già nel 2009 Cava de’ Tirreni». Sempre tenendo conto dei numeri, il capoluogo si pone in testa alla classifica dei chili di raccolta differenziata per abitante (1,39). I dati di Legambiente segnano il processo di trasformazione che sta attraversando la Campania. E se nel 2008 la media di riciclaggio dei rifiuti è ferma al 20%, lontana dal 25% previsto per legge, la sensazione è che molto si sta muovendo. «A Napoli - dice l’assessore all’Igiene Paolo Giacomelli - abbiamo avviato la raccolta differenziata porta a porta per 130mila abitanti e registriamo percentuali superiori al 70%. E il servizio dovrebbe estendersi in poche settimane a 200mila persone». Insomma, come dice il direttore del Conai Ronghi parlando di Salerno, «si dimostra che la differenziata non è un problema di latitudine o stato sociale, ma solo di volontà politica e organizzazione». Complessivamente la situazione in regione è migliorata: accanto alla differenziata (solo quella di Napoli consente di portare 100mila tonnellate di rifiuti in meno in discarica all’anno), si è acceso il termovalorizzatore di Acerra, e le discariche attuali consentono cinque anni di tempo, contro i 26 mesi della media italiana, mentre fiorisce un’industria del riciclo che nel settore delle cartiere vede l’area salernitana all’avanguardia con la capacità di gestire fino a 300mila tonnellate di carta e cartone riciclati, che finora venivano importate dalla Germania e ora sono per un terzo frutto della differenziata in Campania (nella carta e cartone passata in un anno da 80 a 100mila tonnellate). «L’emergenza non è superata - dice l’assessore regionale Gabriele Ganapini - però ci sono tutti gli elementi affinché il circuito virtuoso prevalga. L’importante è non far calare la tensione ed offrire un servizio vero, efficiente e un settore dell’industria del riciclaggio di qualità. Ora il nodo vero è la costituzione delle società provinciali».
In Campania il passaggio alla provincializzazione dei rifiuti comporta un immediato costo occupazionale. «La tenuta del sistema Campania - spiega l’assessore regionale Gabriele Ganapini - si basa sull’autonomia provinciale. La future società, però, non possono ereditare i debiti e i crediti dei vecchi Consorzi. E devono mettere fine allo sfruttamento della parola ambiente per rispondere ad un bisogno sociale vero come quello del lavoro. In Campania ci sono 22mila addetti, il ciclo dei rifiuti ne potrà occupare 7-8mila, non oltre altrimenti il sistema non regge. Le società provinciali invece dovrebbero associarsi a privati seri, abbiamo già selezionato 42 imprese».